Varese, voi giù dal carro noi all’inferno con Castori

VARESE Che barba, che noia. Che noia, che barba. Tutti giù dal carro. Sette giorni fa, però, erano tutti su. Prima Castori è un eroe, poi l’uomo nero.

Stiamo diventando uguali a tutti gli altri. Stiamo diventando come quel Verona che tanto diciamo di odiare. Come quel Bentegodi che fischia la sua squadra alla prima sconfitta casalinga (col Vicenza) dopo secoli. In tribuna qualche esaltato s’è permesso di mandare al diavolo Castori. Metti Tizio, togli Odu, sposta Caio, arretra Antonio, avanza Juan: come se le virgole contassero più dell’insieme. Più dell’assenza di Neto, più del Varese.

Nessuno, ai tempi dei dilettanti, si sarebbe permesso di fiatare contro l’allenatore. Se da quarti in serie B, ci scandalizziamo per delle stupidate come la formazione, i cambi e i panchinari (il Varese è anima e fuoco: quando si mette a giocare al Subbuteo, è già morto), soprattutto con un allenatore che non vince con la ragione (data o

tolta) ma con il fuoco e le (s)palle al muro, significa solo una cosa: meritiamo di tornare da dove siamo venuti, cioè dal nulla. Così imparermo di nuovo ad avere pazienza (l’abbiamo avuta per 25 anni), a fidarci l’uno dell’altro, a morderci la lingua e dare un abbraccio, invece di una coltellara, se l’abbraccio vale più di mille parole.

Pretendiamo di andare a fare la guerra a ventimila persone che vedono il Varese come tutti i peccati del mondo e siamo qui a dividerci, a scimmiottare i processi del lunedì all’Inter o alla Juve, con la puzza sotto il naso per un pareggio con la Juve Stabia. Ci crediamo una grande squadra e così perdiamo la nostra dimensione, che è tutto. Quelli non ti fanno giocare e chiudono 20 giocatori in un fazzoletto: l’1-1 ci sta, e se Castori temeva la frittata, accettando magari uno 0-0 scritto, fidiamoci. Col Varese meno forte degli ultimi anni, qualcosina quest’omino l’ha dimostrata.

Menano il torrone: doveva giocare Juan Antonio e non Odu. Se Castori l’avesse fatto, gli avrebbero sparato: «Ecco, mette dentro il suo pupillo». Al massimo, ci immalinconiamo davanti all’ombra di Kone e Zecco, e non accettiamo di subire il primo pugno. Vorremmo sferrarlo noi. Ma nell’inferno, sabato, entreremo in fila dietro a Castori. Facci strada, comandante.

Andrea Confalonieri

b.melazzini

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