Venerdì 17, come nasce la “maledizione”. Chi ci crede, chi no e chi “ha già dato”…

Un numero e un giorno che da noi significano sventura: ecco le ragioni nella storia e nella cultura popolare. Altrove le credenze sono altre, persino opposte. In ogni caso, coi tempi che corrono, forse non è il caso di dargli troppa importanza

Due anni e mezzo di pandemia, un guerra in corso con possibili conseguenze mondiali, il caro bollette, la benzina alle stelle. E chi più ne ha più ne metta: ognuno ha le sue piccole e grandi “sfighe”. E’ dunque il caso di allarmarsi per un “venerdì 17” qualsiasi? Per molti, in quell’irrazionalità tra chi ci crede e chi “non ci credo, ma…”, è così: e allora occhio a dove si mettono i piedi, ai programmi per la giornata e a chi si incontra quando si esce di casa. Mani in tasca o cornetti alla mano.

Come nasce la “maledizione” del numero e del giorno

Si tratta di una superstizione che ha un’origine antica, legata alla tradizione latina, cattolica e greca. Da una parte il venerdì, che nella tradizione cristiana rappresenta la morte di Gesù, avvenuta appunto il venerdì santo, dall’altra il 17, un numero ch nella storia del mondo occidentale ha assunto diverse connotazioni negative. 

E’ però una fissazione molto italiana mentre nel mondo anglosassone il giorno sfortunato è venerdì 13. In quello spagnolo e latinoamericano, invece, è martedì 13. Una credenza che fa arrabbiare quelli del Cicap, il Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale. Ogni venerdì 17, l’associazione organizza la giornata anti superstizione con eventi in tutta Italia.

La paura dei greci, i brutti ricordi dei romani, la smorfia napoletana

In greco, Eptacaidecafobia significa paura del numero 17, e la sua identificazione con qualcosa di negativo sarebbe nata proprio nella civiltà greca. Per i seguaci del credo pitagorico, era un numero da evitare in quanto era compreso tra il 16 e il 18, considerati perfetti. Nell’antico testamento il diluvio universale iniziò proprio il 17.  

Nell’impero romano, invece, la sfortuna ha ragioni militari. La battaglia di Teutoburgo è stata combattuta nel 9 d.C. Sul campo i romani si scontrarono contro i germani di Erminio: le legioni 17, 18, e 19 furono completamente distrutte. Da quel momento, nella tradizione romana quei numeri furono considerati sinonimo di sventura. Sulle tombe dei defunti poi, spesso si poteva trovare la scritta VIXI: in latino “ho vissuto”, cioè “sono morto”. Quest’ultima è l’anagramma di XVII, 17 in numeri romani. E se si guarda alla smorfia napoletana (il dizionario dei numeri del lotto) è sinonimo di disgrazia. 

Il 17? Per qualcuno porta bene

Il 17 non ha solo una connotazione negativa, ma anche positiva. Nella Cabala ad esempio è un numero benefico, poiché è il risultato della somma numerica delle lettere ebraiche tet (9) + waw (6) + beth (2), che lette nell’ordine danno la parola tov “buono, bene”. 

Ecco, se volete, prendete per buona quest’ultima interpretazione. Altrimenti in questo venerdì 17 prendete pure le contromisure che ritenete più opportune, meglio se nel rispetto del senso del ridicolo e della pubblica decenza.