«Mi avete fatto fare un viaggio a ritroso nel tempo, ricco di emozioni che porterò con me per il resto della mia vita».
Dopo “l’orgia” di ricordi, la parola va a lui. Massimo Bulleri è il centro dell’attenzione e non vorrebbe esserlo, per quel carattere schivo e umile che l’ha sempre contraddistinto: «Onestamente questa situazione mi mette un po’ a disagio – sorride imbarazzato – Ma sono contento di tutto ciò che ho vissuto oggi e di tutte le persone che mi hanno reso omaggio. Ringrazio i ragazzi che lavorano in Pallacanestro Varese per aver organizzato questa festa, Claudio Coldebella, l’ideatore, Toto Bulgheroni e tutti i miei compagni Ora torniamo alla normalità». Inevitabile il desiderio di approfondire la sua decisione«: Del ritiro ne ho parlato, in primis con il mio agente e con la società, a fine gennaio, inizio febbraio – spiega Massimo – Era una decisione sulla quale avevo riflettuto già lo scorso anno, ma, finita la stagione, mi ero fatto un esame di coscienza, avevo guardato dentro di me e trovato dei margini per continuare. Non volevo avere rimpianti: quella di ritirarsi è una scelta dalla quale non si torna indietro. Ho fatto bene ad andare avanti, perché ho potuto vivere un’avventura così bella come quella con Varese». Che farà ora, il Bullo? «In questo momento non so se rimarrò ancora nel mondo del basket, mi piacerebbe ma è presto per parlarne». Un mondo, peraltro, che da lunedì inizierà già a mancare, almeno in alcuni suoi tratti: «Mi mancheranno l’atmosfera, le sensazioni e i sentimenti che si provano nello spogliatoio. Sono qualcosa di unico che solo un giocatore può capire e apprezzare».
Il discorso scivola sull’ultima stagione e fa bene al cuore: «No, non mi aspettavo un’accoglienza come quella che mi ha riservato il pubblico di Varese. Mi ricordo ancora le locandine dei giornali al mio arrivo in cui dichiaravo che mi era sembrato di vivere una puntata di “Scherzi a parte” quando ho ricevuto gli applausi degli Arditi e di
tutto il pubblico nel primo giorno di raduno. Ed ero qui solo per allenarmi… Masnago non era mai stata benevola con me da avversario, ma la vita sa riservarti sempre delle bellissime sorprese e quella è stata solo la prima. Le ultime sono state i cori e l’atmosfera di domenica, contro Cremona, prima della partita, durante e dopo».
Quando il riassunto di una carriera si fa addio, a un campione viene spesso chiesto di dare una gerarchia alle emozioni: una goduria per chi ascolta, compito un po’ ingrato per chi lo fa. Bulleri non si sottrae: «Il canestro più indimenticabile? Quello decisivo nella semifinale di Eurolega del 2003. La squadra? Ne dico due: la Benetton e la Nazionale che ha vinto l’argento olimpico ad Atene. Il compagno? Denis Marconato. L’allenatore? Più di uno: Recalcati, Messina, D’Antoni, Bucchi e Pasquali. E Caja, che si è accontentato di ciò che era rimasto in fondo al barile. Il trofeo? L’argento olimpico, come sopra: ha fatto la storia».
Infine i ringraziamenti più importanti: «Mia moglie Claudia, Mauro Di Vincenzo, mio fratello Simone, mamma Mara e papà Giulio».