Un presunto caso di violenza sessuale all’interno dell’aeroporto di Malpensa torna sotto i riflettori dopo che la Corte di Cassazione ha annullato la precedente assoluzione, stabilendo che si dovrà celebrare un nuovo processo in Corte d’Appello. I fatti risalgono al 2018, quando una hostess denunciò di essere stata molestata da un ex sindacalista durante un incontro di lavoro.
La Suprema Corte ha ribaltato le sentenze di primo e secondo grado, che avevano assolto l’imputato sostenendo che la vittima avrebbe avuto una finestra temporale (20-30 secondi) per reagire all’aggressione. I giudici di legittimità hanno però chiarito che la tempestività nella reazione della persona offesa non è elemento sufficiente per escludere il reato di violenza sessuale.
Secondo la Cassazione, il comportamento della donna, rimasta immobile e incapace di reagire nell’immediato, rientra in un fenomeno ben noto noto come “freezing”: uno stato di blocco emotivo e fisico tipico delle vittime di abuso. La Corte ha quindi precisato che il consenso non può essere mai presunto in assenza di una risposta immediata, e che il silenzio o l’immobilità non significano accettazione.
Il caso aveva fatto discutere, soprattutto dopo le motivazioni della sentenza d’appello, secondo cui i gesti dell’uomo – definiti “rapidi” e “improvvisi” – non sarebbero stati sufficienti a determinare una costrizione vera e propria. Una lettura che aveva sollevato polemiche da parte di associazioni e sindacati: Differenza Donna aveva parlato di una giustizia “indietro di trent’anni”, mentre la CGIL ha salutato la decisione della Cassazione come una vittoria della cultura del consenso.
Il processo sarà quindi celebrato nuovamente in secondo grado, a Milano, con l’obbligo per i giudici d’appello di valutare le dinamiche psicologiche della vittima e l’assenza di consenso esplicito come elementi fondamentali. La vicenda, simbolica e delicata, torna così al centro del dibattito giuridico e sociale sul significato e i confini della violenza sessuale.