«Vivo un incubo. La mia unica colpa? Essere gay»

La storia - La toccante lettera di un ragazzo che ha detto basta a una quotidianità fatta di insulti e derisione

– «Frocio» e «Ricchione». Parole urlate in piena notte, fuori dalla casa della vittima. Un ragazzo che, da tre anni, vive sotto la costante ansia di essere preso di mira da insulti e “appostamenti” notturni.La sua unica “colpa”: essere gay. La vicenda che vi raccontiamo è quella di un giovane varesino, che non comparirà con nome e cognome, ma protetto dal dovuto anonimato, dal momento che la vicenda è finita, ovviamente, in tribunale. Riceviamo la sua lettera, scritta a La Provincia di Varese per «raccontare la mia storia affinché questa possa essere conosciuta dai miei concittadini ed, allo stesso tempo, si possa giungere ad una maggiore sensibilità volta a prevenire e combattere gravissimi episodi come quello che sto per raccontare». Il ragazzo da circa 3 anni è vittima di pesanti atti «di bullismo omofobico che si ripetono con una frequenza costante tanto da essere divenuti ormai una vera e propria “routine” quotidiana che sta letteralmente trasformando la mia vita in un inferno». E qui entra nei dettagli di una vicenda che appare totalmente assurda. E purtroppo mostra quali livelli di bassezza umana possano essere raggiunti. «Tutto è iniziato quando, qualche anno fa, un conoscente venne a sapere della mia omosessualità dando il via ad un vero e proprio calvario – scrive – cyberbullismo, ingiurie perpetrate per mezzo Facebook, appostamenti presso la mia dimora e tanti altri episodi omofobici che hanno innescato una serie di spiacevoli conseguenze non soltanto per me, ma anche nella vita dei miei familiari.La prima spiacevole conseguenza di tali comportamenti omofobi è sicuramente nota a tante persone, specialmente omosessuali, che nel corso della propria vita abbiano subito una sorta di “outing forzato”: in altre parole, una vera e propria violazione della propria identità sessuale senza che ci venga data la possibilità di decidere quando, come, con chi ed in quali circostanze decidere liberamente di effettuare il proprio coming-out». E quindi come primo atto persecutorio, il ragazzo ha iniziato ad essere messo alla berlina sui social network. «A tale proposito, infatti, essendo stato inizialmente perseguitato tramite social network, sono chiare le dinamiche che si innescano nel momento in cui viene sfruttato un mezzo di condivisione di massa per condividere le informazioni: è nella natura stessa del social network, infatti, la condivisione di quanto in esso viene riportato e dunque la maggiore portata lesiva delle affermazioni che possono coinvolgere un numero decisamente alto di utenti.Oltre al fatto di aver subito delle gravi conseguenze sul piano socio-affettivo (basti pensare a quante persone siano venute a conoscenza della mia omosessualità, peraltro in maniera decisamente volgare e derisoria, tramite l’affissione di “manifesti virtuali”, amici e parenti compresi) ho sperato invano che la situazione potesse placarsi, ma così non è stato». La persecuzione, a tre anni di distanza, va avanti. «Ad oggi, infatti, a distanza di quasi tre anni dall’accaduto sono ancora perseguitato da un gruppo di ragazzi (conosco l’identità di alcuni di loro) che mi stanno opprimendo dal punto di vista psicologico, tanto da avermi costretto ad assumere

dei farmaci per fronteggiare l’alterazione del mio stato d’animo. Questi ragazzi, generalmente un gruppo di quattro o cinque persone, continuano a passare dalla mia dimora a bordo di una Fiat panda grigia, anche nel cuore della notte, rivolgendomi con disprezzo delle urla fortissime (che continuano ad essere udite anche dai miei familiari e dai vicini di casa) che fanno riferimento alla mia sessualità in maniera fortemente dispregiativa: “Frocio”, “Ricchione”».«Non riesco più a sopportare il peso di questa situazione. Vivo ogni giorno con un’angoscia fortissima e con la paura che questi atti persecutori non abbiano mai una fine. Non posso credere che nel 2016 ed in una società come la nostra possano esistere ancora queste cose, ma ciò che maggiormente mi turba è leggere negli occhi di mia madre quella velata tristezza e quel dolore nel suo cuore che sembrano farla ritornare indietro nel tempo, esattamente a 9 anni fa, quando le parlai della mia omosessualità e lei, scoppiando in lacrime, mi disse che avrebbe voluto soltanto la mia felicità ma che questa vita non sarebbe mai stata facile. Sto cercando di andare “oltre” a quelle urla notturne, a quelle viscide parole cariche di odio e di disprezzo, ma sembra impossibile». La dinamica sarebbe sempre la stessa. Ogni sera, intorno alle 23 circa, l’auto sfreccia a tutta velocità davanti alla casa del ragazzo e si sentono le grida: «Ricchione, Frocio». «Tutti i giorni sempre la stessa storia – continua il racconto – ormai mi sento umiliato e privato interamente della mia dignità. Mi sento le mani legate, bloccato in un tunnel senza alcuna via d’uscita e cerco in tutti i modi di non pensare al disprezzo di quegli insulti; ma ecco che la sera dopo si ripete lo stesso “teatrino”.Ogni volta che mi sento urlare “Ricchione” rivivo esattamente le stesse angosce di nove anni fa: mamma riversa sul divano a piangere ininterrottamente, papà che anche se apparentemente più rigido soffre come un cane. Insomma, quello che mi sta succedendo adesso mi riporta a rievocare i ricordi di un tempo, quando mi sentivo impotente e frustrato, quando persi un anno alle scuole superiori per via del bullismo che avevo subito per la mia sessualità.Nonostante tutto ho trovato il coraggio di denunciare questi pesanti atti di bullismo omofobico grazie al supporto dei miei parenti e degli amici che mi sono sempre stati e tuttora mi stanno vicino.Ma sento che questo ancora non basta: sono 3 anni che questo calvario va avanti e nell’arco di questo periodo ho fatto molteplici denunce presso il comando dei Carabinieri. Tuttavia nonostante molteplici prove a mio carico (tra le quali testimonianze dei fatti accaduti e filmati delle videocamere di sorveglianza che riprendono gli atti persecutori) non ho ancora ottenuto la giustizia che merito.Consapevole del fatto che il tribunale di Varese non mi deluderà e riponendo la mia fiducia nella competenza e professionalità degli organismi giudiziari Varesini e dei magistrati, mi auguro che venga al più presto adottato un provvedimento contro i miei persecutori».