«Voglio sentire il rumore dei tamburi Il Varese in B è la mia vita. E la difendo»

Se Peo Maroso avesse bisogno di qualcosa, manderebbe giù una nuvola dicendole: «Porta qui un attimo Papini, per favore». Esserci sempre è la dote del primo biancorosso. Silvio Papini ha aggiunto qualcosa di suo: esserci sempre per chiunque. Se tutte le brave persone passate dal Varese in questi anni avessero avuto la sua capacità di ingoiare rospi e di resistere ugualmente, solo per la maglia, saremmo in serie A. La sua dedizione e la capacità di ripartire sempre da quel marciapiede dove nacque il Varese dei primi uomini (Sogliano, Maroso, Belluzzo, Maccecchini) è la testimonianza che nella vita la passione, l’umanità e il sacrificio, anche di fronte a chi non ne ha mai avuti, alla fine – dopo mille sofferenze e peripezie – vincono sempre. L’importante è non arrendersi quando a chiunque verrebbe voglia di farlo: la differenza tra Silvio e gli altri è tutta qui.

Claudio Milanese.

Era via per lavoro, lo informavo minuto per minuto con gli sms.

Io: “Vinciamo 1-0”. Lui: “Soffro”. Sempre lui, sul 2-0: “Ma non finisce mai?”. E poi: “Finisce o no? Ma non mi chiami?”.

Mi ha risposto: “Sei un grande”.

Esatto. Un po’ mi conoscete…

Bettega.

Anastasi.

Sei dei nostri. Ascoltaci.

Sorrisi. Danno bellezza alla maglia, positività e normalità all’ambiente.

Blasi.

Ragazzi, anche il Milan stava vincendo 3-0 sul Liverpool.

Né psicosi, né catenaccio. Giochiamo da Varese, ascoltando l’urlo del pubblico. Il Piola è passato: esistono altri 90 minuti e li giochiamo per noi e per la gente. A modo nostro.

I nervi li batti con la testa. E con il cuore. Siamo in casa, comanda il Varese. Già dal sottopassaggio, là fuori deve sentirsi il rumore dei tamburi. Su quelle gradinate io ci scriverei: “Lasciate ogni speranza o voi ch’entrate”. Ricordo che una volta su un campo del Sud eravamo appena scesi dal pullman, s’avvicinò un addetto allo stadio e disse: «Guagliò, oggi qui non vincete». Ragazzi, la serie B è casa nostra.

Due anni fa era in ballo per allenare il Pavia. Gli dico: «Betti, chiamali. Fatti sentire». Lui: «Adesso vediamo, Papo».

Sì. Leccate e paraculismi, mai. Lui non si vende: è sostanza, non apparenza.

Ha assorbito da Sannino, Maran, Sogliano. E da Maroso: non inventa nulla. Semplicità, 4-4-2, testa, umanità. Se Papini è un centrocampista, non lo fa giocare centravanti.

Bettinelli è il Varese. E allena il Varese da Varese, che è un modo unico per renderlo più forte e più amato.

Qualcuno mi ha chiesto: hai visto Trevisan, Rea ed Ely come giocano? Ho risposto: come faceva il Betti. Tosti, spaccapalloni. Piedi ignoranti, cuore sublime. Che cagnaccio, quando ti marcava.

Il secondo Maroso.

Starà trepidando. E pensando.

Il parlamento divide, il Varese unisce.

Quelli di Parabiago sono gli stessi del Piola, con una differenza: prima c’era il papà, adesso anche il figlio con la fidanzata. Il Varese è una pelle, una famiglia.

Solo 5 perché sono sempre a vedere partite: l’esordio all’Olimpico di Torino, la vittoria di Marassi, il pari di quest’anno a Siena, le ultime due a Novara.

Il giocatore più forte. Sempre presente, sempre la cosa giusta.

Qui l’hanno riempito. Questo grosso spavento ha fatto capire a tutti che la B non è scontata. Che per noi è tanta roba. Guardate il Lecce: spende milioni da anni, non sale mai.

Il primo allontanamento di Sottili e l’aver aspettato troppo a mettere in panchina Bettinelli.

Giovane e che corre a tutta birra. Varesino. Fatto solo con amore. Che torna nelle scuole. Che gira in città a testa alta. E dice alle famiglie della scuola calcio: qualunque cosa succeda venerdì sera, il Varese esisterà ancora.

Mia figlia Laura.

Dicendomi: «Papà, mi hai insegnato che nella vita i soldi vengono dopo i valori come l’amore che tu hai per questa maglia».

Al pubblico. All’Alfredo. A Luca Alfano. A Biasibetti.

A mio nipotino Stefano. Aveva un anno quando venne la prima volta allo stadio: era il 13 giugno 2010. Venerdì sarà sullo stesso seggiolino di quattro anni fa con la sua magliettina biancorossa. Ha imparato a urlare “Forza Varese”: sentirete che roba…

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