Impresa trasloca in Svizzera Ma assume solo gli italiani

VARESE L’impresa italiana in Svizzera assume preferibilmente frontalieri, ma il nazionalismo non c’entra: è che gli operai varesini e comaschi oltreconfine costano meno.
Questa la storia e le scelte di Tecsedo Sa, impresa nata dodici anni fa dall’iniziativa di due fratelli milanesi, Marco e Michele Tognelli e pronta ad inaugurare il nuovo stabilimento del gruppo a San Vittore in Mesolcina (Canton Grigioni, nella Svizzera italiana).
Per loro la scelta di fondare l’attività oltre confine non è

stata casuale ma valuta e ponderata: «Siamo italiani e molto orgogliosi di esserlo, ma dopo una prima esperienza di lavoro in Francia ci siamo accorti che nel resto d’Europa fare impresa conviene, per tutta una serie di motivi», spiega Michele Tognelli. Ad esempio la semplicità degli adempimenti burocratici, e poi «i finanziamenti a fondo perduto per avviare l’attività, cosa che qui possiamo solo sognare – aggiunge l’imprenditore – e poi la fiscalità ridotta, l’aiuto e la collaborazione offerto dalle istituzioni a vario livello».
E fin qui la parte pubblica. Ma anche il contesto economico offerto dalla Svizzera differisce e non poco da quello italiano a cominciare dalla «maggiore disponibilità delle banche a concedere credito e linee di finanziamento», assicura l’imprenditore.
Ecco perché nel 2000 i due fratelli ingegneri hanno scelto di avviare la loro impresa in Svizzera a Taverne, vicino a Lugano. L’idea è produrre pannelli metallici compositi destinati al mercato delle chiusure industriali e civili e funziona. La crescita è costante, fino al boom del 2008 «per noi l’anno migliore», ammette Tognelli che ha avuto una flessione nel 2009 seguita da una lenta ma costante ricrescita che non si è ancora fermata.
Di qui la scelta di puntare su innovazione e ampliamento, con la scelta di trasferirsi nella sede appena inaugurata grazie a un investimento di 12 milioni di franchi. Con la prospettiva di crescere ancora e assumere, come sempre, maestranze prevalentemente italiane.
«Da un lato è indubbio che nel campo della Metalmeccanica i territori di confine tra Como e Varese offrono professionisti di ottimo livello», spiega Tognelli che però ammette senza ipocrisia anche la convenienza di una simile scelta. «È vero che le autorità svizzere hanno fissato dei minimi salariali cui tengono molto per difendere gli operai indigeni, ma è altrettanto vero che normalmente i frontalieri accettano più di buon grado il minimo salariale rispetto ai colleghi elvetici». Ma lavorare con gli italiani in Svizzera è diverso: «Oltre ai minori costi del lavoro – spiega l’imprenditore – contiamo su un maggior numero di ore lavorative l’anno e una minore propensione allo sciopero».

s.bartolini

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