«Ministro, che fa? Ho provato e dico no alla paga a giornata»

Il numero uno della Uil Massafra boccia Poletti: «Assurdo, soprattutto in alcuni settori critici. Ma dove vuole arrivare? Pensi ad altri paradossi»

«Ma Poletti vuole che torniamo ai tempi della paga a giornata?». A chiederselo, nel commentare l’uscita dei giorni scorsi del ministro del lavoro Giuliano Poletti sull’ora-lavoro come «attrezzo vecchio», è il segretario provinciale della Uil di Varese Antonio Massafra, già segretario generale della Feneal, la categoria degli edili della Uil. «Noi siamo contrari a questa idea del ministro. Ma lo vuole sapere perché? – ci racconta Massafra – Io ho iniziato a lavorare a 14 anni a Taranto, quando si veniva ancora pagati a giornata, e non a ore».

«Allora funzionava così: il datore di lavoro si inventava ogni giorno, in base alle sue esigenze, quando dovevo iniziare a lavorare, quando potevo fermarmi per mangiare e quando avrei potuto smettere e staccare. Ma un Paese moderno deve avere regole certe in materia di lavoro, a partire dal fatto di sapere quanto viene retribuita un’ora di lavoro». È quello che succede negli altri Paesi occidentali, dove il modello “orario” è ancora pienamente in vigore: «In nessun Paese sviluppato è presente un modello del tipo di quello illustrato dal ministro Poletti – ricorda Massafra – Ma siccome siamo in piena fase di negoziato su diversi contratti nazionali, sembra quasi un’entrata a gamba tesa su una materia che tra l’altro non è nemmeno di competenza del ministro del lavoro. Semmai Poletti dovrebbe occuparsi dei contratti della pubblica amministrazione, che sono ancora fermi».

Ma è soprattutto l’esperienza di chi vive a contatto con un settore ancora molto manuale come quello edile, a far trasecolare rispetto alla presunta “innovazione” che Poletti vorrebbe introdurre: «L’idea non sta in piedi, ma non solo in un settore come l’edilizia – spiega Antonio Massafra – pensiamo anche al commercio e al sistema delle cooperative. Settori in cui già oggi si fa fatica a far rispettare le regole che ci sono, figuriamoci se si dovesse affermare un modello di massima flessibilità

in cui non fossero conteggiate le ore lavorative. Il ministro ci faccia capire dove vuole andare a parare». Un superamento dell’ora-lavoro rischierebbe di “legalizzare” certe pratiche di mascheramento che sono già in uso in aggiramento della legge. «I comportamenti illeciti purtroppo ci saranno sempre, ma anche quando si liberalizza a volte l’effetto che si ottiene è il contrario di quel che si pensa – sottolinea il sindacalista della Uil – mi viene in mente il caso di Malpensa, dove ci sono tre cooperative concorrenti. È vero che con la competizione è più facile controllare e capire se c’è una concorrenza leale o sleale, ma ad un certo punto tutti devono rispettare i minimi tabellari di salario orario. Come nell’edilizia, se c’è un costo del lavoro fisso per ogni giornata, il sistema del massimo ribasso d’asta non può andare oltre certi limiti minimi, altrimenti diventa insostenibile».

Ecco che la bocciatura per l’idea del ministro Giuliano Poletti è senza alcuno scampo: «Temo che stiamo entrando in una nuova idea di Paese in cui stiamo indietreggiando rispetto ai diritti e alle tutele – ne è convinto Antonio Massafra – Il rischio è che anche la sicurezza dei cittadini verrà meno, perché si innescheranno meccanismi di desertificazione che fanno arretrare la società nel suo complesso». «Se l’obiettivo di Poletti è incrementare la produttività, pensi piuttosto al fatto che in Italia vigono due paradossi per cui abbiamo i salari più bassi d’Europa con il costo del lavoro più alto d’Europa e abbiamo il numero di ore lavorative più alto con la produttività più bassa. Il governo incentivi le imprese a crescere dimensionalmente e ad investire in ricerca e tecnologia, perché se le aziende crescono, migliora anche la loro organizzazione e cresce la produttività».