Coach Moretti “l’Intoccabile”. E l’intelligenza muta dei numeri

L’editoriale di Fabio Gandini

L’Intoccabile, i sette del Dodo e l’intelligenza (fortunatamente per lei..) muta dei numeri: storia della caduca Openjobmetis d’autunno e del suo allenatore.
Sfiga: a Varese si scrive tutti i giorni di basket. Due quotidiani cartacei, uno online, siti sportivi vari: tutti concentrati su quella maledetta passione chiamata Pallacanestro Varese. Becere, a sentire ciò che pensa l’Intoccabile, righe che cercano di sfamare le sete dei tifosi nella buona e nella cattiva sorte, “vigilando” su un patrimonio cittadino che ha pochi eguali nello Stivale (e tra questi,

ci duole scriverlo, non c’è Pistoia e nemmeno la nuova patria dei giornalisti intelligenti: Brescia). Sfiga numero 2: dopo un anno e mezzo di biblici osanna da popolo e penne, nel tritacarne della critica ci è finito accidentalmente anche l’allenatore. Capita, quando si perde più spesso di quanto si vinca. E invece apriti cielo: l’Intoccabile è stato toccato. Perché si può fare le pulci a tutto, alla forma fisica di Maynor, alle qualità balistiche di Johnson, agli acciacchi di Kangur, all’inservibilità offensiva di Anosike, alla difesa di Cavaliero e chi più ne ha più ne metta, facendo anche finta che costoro e i loro egregi compagni non siano stati scelti proprio dall’Intoccabile, dal primo all’ultimo. Ma se un articolo di giornale si permette di obiettare sulle scelte di chi guida dalla panchina (cambi a volte incomprensibili, rotazioni bulimiche da un avvicendamento al minuto, insicurezza e confusione dei giocatori che non possono non dipendere almeno minimamente dal “manico”) e un collega osa pronunciare la parola “dimissioni” davanti alla realtà di una squadra in caduta libera, ecco sorpassate le Colonne d’Ercole del giornalismo lecito.

Grazie anonima cronista di Brescia: grazie a te abbiamo scoperto (forse…) che è il doppio impegno la causa di ogni male. Grazie anche dello spunto: ci permette di chiedere all’Intoccabile, a costo di perseverare nelle domande stupide, se sapeva di dover affrontare anche la coppa nel momento della scelta degli atleti che avrebbero composto la sua squadra. E nel farlo, cercando di cacciare dalla mente il pensiero che si stia analizzando un’altra scusa, ci viene in mente la Varese anni ’90 di Dodo Rusconi: 7 giocatori 7 per un anno di serie A e di Coppa Korac. Ma come faceva? Altra epoca? Certo. Altro basket? Sicuro. Altre soddisfazioni? Soprattutto.
E allora noi, poveri e impudenti che abbiamo osato chiedere spiegazioni, ci zittiamo. Lasciando parlare i numeri: 10 sconfitte su 15 partite, 4 su 7 a Masnago. E, muti ma fiduciosi, aspettiamo un futuro radioso con altri numeri, gli unici in grado di certificare un eventuale cambiamento. Con buona pace dell’intelligenza dei cronisti e dell’Intoccabile.