«Se solo ci fosse stato Toto in società tra me e Cecco non sarebbe finita così»

Basket - Gianmarco Pozzecco festeggia e benedice la notizia del ritorno di Bulgheroni in società

«Sono contento da tifoso, da innamorato di Varese. Sono contento da figlio, un figlio che vede suo padre tornare dove gli compete. Ma non posso evitare di essere anche un po’ malinconico: con lui in società, forse, non sarebbe finita così tra me e il Cecco…».

Un fiume in piena. O se preferite un’intera orchestra sinfonica compattata in 180 centimetri che il direttore non ha nemmeno bisogno di dirigere: basta il “la” iniziale, in questo caso due sillabe a specchio in cui la Varese cestistica si è sempre riconosciuta. Toto. E Poz. Uno che ti travolge di emozioni se gli tocchi le corde giuste dell’anima. «Allora, l’hai saputo?». «Guarda che io ho vinto uno scudetto grazie ad Antonio Bulgheroni…». L’ha saputo.

La notizia del ritorno del grande ex presidente, giocatore, proprietario nelle stanze che contano ha travalicato l’Adriatico, cogliendo Gianmarco Pozzecco impegnato nelle semifinali del campionato croato. In realtà lui è stato informato prima di tutti, o quasi: «Il Toto mi ha chiamato tre giorni fa e me lo ha detto. Mi sono emozionato. Dire che lo conosco è riduttivo: Bulgheroni è un padre per me. Mi è stato tanto vicino anche quando sono tornato ad allenare: so di averlo deluso all’epoca, perché…».

Non è ancora il momento di far venire fuori la coscienza. Prima il cuore deve dettare il “bentornato”: «Sono contento per la Pallacanestro Varese: sono anni che un personaggio come lui avrebbe dovuto riprendere in mano certi ruoli. E non solo a Varese: per esempio ancora non mi spiego perché non sia diventato presidente di Lega. Toto unisce due virtù che non possono che fare il bene della società: ha un’intelligenza al di sopra della media e possiede una conoscenza del basket senza eguali. Il tutto unito ha un’esperienza enorme. Con una mossa del genere su Varese è ritornata l’attenzione di tutta l’Italia». Il Poz racconta di come alcuni tifosi, fin dall’altro ieri, gli abbiano mandato messaggi pieni di entusiasmo quando hanno appreso la notizia. Di come certi abbiano addirittura tirato fuori il 1999, la Stella e amenità simili. Si informa sulle altre reazioni avute in città, poi riattacca: «Se un giorno dovessi tornare a fare il capoallenatore, lo farei per lui. Perché ho un debito nei suoi confronti, perché l’ho deluso: quando andai a casa sua ad annunciargli le mie dimissioni dovetti quasi scappare, tanto si arrabbiò. Merita altre soddisfazioni da me. E non posso non pensare che – fosse stato in società due anni fa – la sua esperienza avrebbe aiutato a ricomporre certe fratture…».

Per Pozzecco il Toto è una foto («Quella dei festeggiamenti dello scudetto: ci siamo io e lui con gli indici delle mani vicini. Gliel’ho regalata qualche tempo fa»), è un momento («Prima del derby del mio esordio contro Cantù non volevo nemmeno entrare in campo e lo chiamai: vieni qui o non vado. Passò mezz’ora nel mio ufficio…»), è un’opportunità colta in modo assolutamente brillante: «Da un’altra persona che reputo straordinaria: Alberto Castelli. È la prima volta che dico pubblicamente ciò che penso del presidente del Consorzio, perché lui ha sempre voluto restare dietro le quinte. Ritengo che abbia fatto una mossa di eccezionale intelligenza nel coinvolgere Bulgheroni: primo perché non era facile, poi perché lo ha fatto pur nella consapevolezza di come un personaggio come il Toto possa togliere spazio mediatico al resto». L’augurio finale Gianmarco lo fa a modo suo, “incapace” di scindere se stesso dal suo amore: «Io ho un sogno ed è quello di arrivare un giorno ad allenare la nazionale. Bene: dovessi riuscirci, mi porterò dietro il Toto, nel ruolo che aveva Dino Meneghin quando giocavo io nell’Italia. È sempre stato un suo desiderio e mi piacerebbe esaudirlo».