«Storia, appartenenza e orgoglio. Noi del Toro abbiamo qualcosa di unico»

Il giornalista e cuore granata Ormezzano nel suo stadio: «I trionfi? Li lasciamo alla Juve»

È ancora avvolto da un turbinio di emozioni Gianpaolo Ormezzano. La voce è spesso rotta dalle vibrazioni prodotte dai sentimenti che il ritrovato stadio Filadelfia ha scatenato nel giornalista, cuore Toro, nonostante siano trascorsi tre giorni dal 24 maggio. Andranno magari a scemare col tempo, ma il riemergere del ricordo farà sempre inumidire gli occhi ad un personaggio del giornalismo che non ha mai nascosto la sua fede e la sua smisurata passione granata.

Anzi ne è pervicacemente orgoglioso: «Noi del Toro abbiamo un’unicità che nessun altro possiede. Agli altri, e mi riferisco a quelli della Juve, lasciamo pure i trionfi, anche se ammetto che vorrei vincere anch’io qualcosa, ma la storia del Toro, i suoi trascorsi, il senso di appartenenza non ce l’ha nessuno come noi. C’era tantissima gente al Filadelfia; ho rivisto tantissime persone, giocatori, dirigenti. Del Grande Torino c’era Tomà che impropriamente è stato definito come il superstite della tragedia di Superga. Non è esatto: Tomà era rimasto a Torino perché infortunato. C’era la vedova di Maroso che mi ha riconosciuto e questo mi ha fatto enorme piacere».

Per Ormezzano il pomeriggio del 24 maggio è stato «vissuto in una sorta di intorpidimento emotivo perché io ero l’unico che in quello stadio ha visto tutte le partite del Torino: al Filadelfia. La cosa che mi ha stupito è stata la freddezza con la quale ho letto il ricordo di Valentino Mazzola sotto il pennone a lui dedicato. E si che, quando lo rileggevo a casa, mi mettevo sempre a piangere. In quei momenti sono stato un cinico festaiolo. Devo anche confessare che ho provato anche un sentimento di gelosia, le potrà sembrare stupido, ma è stato così. Il Filadelfia l’ho sempre sentito mio e meno male che, adesso che è rifatto, lo hanno mantenuto solo come struttura sportiva e non vi hanno fatto alberghi o negozi come si parlava qualche anno fa. Avrebbero dovuto vietare le festa agli under ottanta», si lascia andare ad una risata il giornalista.

Però quel popolo è «unico e sarà magari anche jellato con Superga, Meroni per citare gli eventi più eclatanti, insomma con tutto quello che ci è successo, anche se la più grossa jella è avere la Juventus a cinque metri, ma l’altro giorno ho rivissuto lo spirito del 2003 quando in cinquantamila scendemmo in piazza a manifestare il nostro orgoglio nonostante fossimo retrocessi in serie B».

Un amore per il colore granata che si trasmette quasi come il principio dei vasi comunicanti:«Mio padre ero tifoso del Toro – rivela Ormezzano – i miei figli pure e come nonno ho otto nipoti di cui quattro sono maschi e sono tutti di provata fede torinista. L’ultimo, il più piccolo di sei anni, lo scorso 4 maggio (ricorrenza della sciagura di Superga, ndr) suo papà gli dice “Matteo oggi è il 4 maggio e quasi sempre piove. È il cielo che piange il Grande Torino”. E Matteo gli risponde “allora papà vuole dire che il cielo tifa Toro”. Guardi, mi sono sciolto e non nascondo di aver pianto. Questo è il Toro, questo siamo noi. Quale altra squadra muove un popolo per festeggiare il suo stadio rimesso a nuovo e che sarà il campo di allenamento della squadra e non che vi giocherà le partite di campionato?».

È sempre il miracolo di “Quelli là” che sono però sempre rimasti “li” all’immortale Filadelfia.