In quella Casa c’era il brivido dell’attesa

Ho letto i bellissimi articoli di Federica Artina e Francesco Caielli sulla chiusura della Casa del Disco a Varese: una staffilata al cuore. Sono un tifoso del Varese e, per piccolo che sia il mio ricordo, non dimenticherò mai il brivido, l’ansia e l’orgoglio con cui entravo nel negozio di Mauro per comprare il biglietto di Varese-Cremonese o Sampdoria-Varese, ma anche quelli di Verbano-Varese, l’esordio in Eccellenza di quest’anno. Li ho conservati tutti e in questi pezzettini di carta resterà

impigliata per sempre tutta la forza della passione che soltanto la Casa del Disco sapeva emanare. Il piacere e l’attesa di una partita erano completi e assoluti grazie al misto di magia e familiarità presenti dietro il bancone di Mauro (la scalinata, le sale che si aprivano quasi all’improvviso dietro quei minuscoli corridoi, la scritta che per me ha lo stesso effetto di quella dell’Ignis del basket). Se fossimo a Bologna o Reggio Emilia, a Verona o Firenze, sono certo che la città – dalla politica alla cittadinanza, che quando si unisce in un idem sentire ottiene ciò che vuole dalla prima – riuscirebbe a tenere aperta quella che non è una semplice vetrina che profuma di storia, come accade a tanti altri esercizi commerciali che hanno abbassato le saracinesche. La Casa del Disco guarda al futuro attraverso le file di giovanissimi in attesa dei loro idoli, in mezzo alle migliaia di famiglie o ultrà di tutte le fedi e le maglie radunate in un gigantesco terzo tempo pre-partita prima dell’immancabile aperitivo al Biffi. E in quel corso Matteotti che non ha mai avuto un inizio o una fine, ma un unico cuore che batte: la Casa del Disco.

Andrea Pirazzi