Fatturavano senza mai pagare

La truffa - Sono quattro i soggetti coinvolti. Tra le aziende raggirate ce ne sono anche alcune della provincia

Ci sono anche aziende varesine tra le vittime della presunta truffa messa in piedi a livello nazionale da un gruppo di cittadini originari della provincia di Napoli (Castellammare di Stabia) che avevano il loro “quartier generale” alle porte di Monza (Villasanta). I quattro soggetti che avrebbero, a vario titolo, preso parte al raggiro sono Giovanni Di Dio Esposito, 52 anni di Villasanta, ma domiciliato a Monza, Luigi Donnarumma classe 1963, di Villasanta, ma effettivamente domiciliato a Castellammare,

Gennaro Di Maio 43 anni, anche lui domiciliato a Castellammare e Monica Abis di 39 anni, come gli altri residente a Villasanta, ma effettivamente domiciliata a Castellammare.
Devono rispondere di truffa per aver, secondo la Procura di Monza, ordinato merce di vario genere (dai capi di abbigliamento, agli accessori per la casa, a forniture industriali), raggirando anche l’intermediario di turno, per un valore complessivo di svariate decine di migliaia di euro: ricevevano a Villasanta la merce ordinata, ma poi non saldavano il conto. Un conto salatissimo. Le aziende finite nel giro dei mancati pagamenti sono una ventina: tra le parti lese ci sono anche tre aziende della provincia di Varese, una di Cassano Magnago, una di Samarate e una di Cairate. Ieri mattina in tribunale a Monza sono sfilati diversi testimoni (parti lese) provenienti da tutta Italia. «Avevo affidato – ha raccontato il legale rappresentante di una ditta della provincia di Bergamo di fornitura di abbigliamento – la mia collezione di abbigliamento a un importante rappresentante di Milano».
I fatti risalgono al 2011: «Il 23 febbraio – aggiunge – il rappresentante mi manda un ordine da 7.000 euro. Non mi sono fatto problemi perché la ditta forniva titoli importanti. Era credibile e non avevo motivi per dubitare. Avevamo fissato il pagamento a 60 giorni. A metà ottobre mi chiamano quelli della ditta e mi dicono che stavano vendendo bene la nostra merce e che avevano bisogno di un secondo ordinativo. Il secondo ordine è di 4.000 euro». Complessivamente l’azienda della provincia di Bergamo ha rifornito merce, in tre ordinazioni, per oltre 17.000 euro, ma alla fine nelle casse non è entrato un euro: la firma sull’assegno inviato, infatti, non corrispondeva. Con un meccanismo molto simile (a volte si presentavano con nomi diversi) sarebbero state danneggiate una ventina di ditte tra Lombardia, Veneto, Puglia (provincia di Lecce), Sicilia, Marche ed Emilia Romagna. Il caso più eclatante tra le parti lese è quello riguardante un’azienda di Milano che avrebbe subìto un danno per circa 20.000 euro per una fornitura non saldata di capi di abbigliamento.