La donna che traduce Stieg Larsson

Carmen Giorgetti Cima, varesina, si occupa delle traduzioni di libri svedesi. Uno tra i tanti? La biografia di Ibra

“Uomini che odiano le donne”: solo il titolo della trilogia Millenium di Stieg Larsson è capace di evocare alla nostra memoria di lettori innumerevoli emozioni, immergendoci in atmosfere nordiche. Lei, di queste atmosfere e di queste pagine, ha fatto una luminosa professione. Stiamo parlando di Carmen Giorgetti Cima, la traduttrice italiana (e varesina) di Larsson, ma anche di tanti altri grandi del giallo nordico, come Håkan Nesser (il suo preferito), Arne Dahl, Karin Alvtegen e Lars Kepler,

e soprattutto dei grandi nomi della letteratura svedese contemporanea, come Lars Gustafsson, Torgny Lindgren e P.O. Enquist. Lavora per diverse case editrici, da Iperborea, Guanda e Marsilio a Longanesi e Rizzoli (per cui ha tradotto la biografia di un altro grande svedese, Zlatan Ibrahimovic), solo per fare qualche esempio. La traduttrice varesina è ormai arrivata alla sua centosedicesima traduzione, e quasi non le conta più, un traguardo non da poco vista la mole di gran parte dei romanzi con cui si è cimentata. Una delle sue più grandi soddisfazioni è stata ricevere, nel 2011, una sorta di premio alla carriera, il prestigioso ’Tolkningspris’ con cui niente meno che l’Accademia di Svezia premia ogni anno un traduttore straniero che abbia interpretato con grande valore la letteratura svedese nella propria lingua.

Nata a Varese, dopo il diploma si era iscritta alla facoltà di lingue quando, per un caso che sembra destino: «un giorno avevo un’ora buca e sono entrata più o meno casualmente nell’aula dove c’era una lezione di Lingue e Letterature Scandinave» quando è scattato il “colpo di fulmine” di un amore che non l’ha mai abbandonata, facendola diventare la più importante traduttrice in lingua italiana della letteratura nordica. Un pugno di studenti, con un’insegnante brava, carismatica che l’ha messa in contatto con il rettore dell’Università di Stoccolma da cui passava le estati a fare la babysitter, immergendosi così nella sua biblioteca di letteratura scandinava: «mi sono innamorata della letteratura svedese e ho scoperto che era straordinariamente ricca, frutto di un paese molto alfabetizzato in cui il libro era un prodotto presente in tutte le case e molto consumato e dove c’era molto interesse per i giovani». Com’era la Svezia di allora? «Profondamente diversa da adesso, negli anni ’70, era un paradiso, perché in Italia erano gli anni di piombo, c’era una popolazione più uniforme, mi sentivo molto libera. Partivo con uno zaino più grande di me e tornavo a casa con uno zaino doppiamente pesante perché pieno di libri svedesi».

Carmen Giorgetti Cima è stata una pioniera nella diffusione in Italia della letteratura nordica, diffusa qui solo attraverso retroversioni dal tedesco: «dopo aver scritto la tesi su Olaf Lagercrantz ho proposto ad alcuni editori la sua traduzione e la nascita della casa editrice Iperborea è stata per me un invito a nozze per la possibilità di tradurre i grandi autori, che sono diventati long sellers». Una narrativa fino ad allora sconosciuta in Italia che la traduttrice varesina ha contribuito a diffondere, fino all’essere madrina del grande successo anche in Italia di Larsson: «fino ad allora non avevo mai tradotto narrativa di genere e ci ho messo l’anima. Mi immedesimo sempre nell’autore di un libro, mi calo nel personaggio dello scrittore e nel caso di Millennium l’autore era un mio coetaneo ed era morto mentre stava intravedendo il successo, un destino che non ho mai più incontrato. Così mi sono calata doppiamente nello scrittore, ho cercato di capire chi era, di sapere il più possibile sulla sua vita, per capire perché aveva scritto quello che aveva scritto. Ho conosciuto il suo migliore amico Kurdo Baksi e questa traduzione ha lasciato il segno in me, nel bene e nel male, ho ricevuto lettere di lettori di ogni genere ed età che mi hanno scritto per ringraziarmi». Tradurre significa poter lavorare da casa, vedere crescere i suoi due splendidi figli, ma significa anche impegno e fatica: «mi definisco una workaholic, ormai la mia vita, guardandomi indietro, si è svolta tra computer e libri. Il libro poi ti entra dentro, se tu traduci con passione, è un processo ri-creativo, il libro diventa talmente tuo che è quasi una droga che non puoi lasciare e la tua testa è sempre lì».

Oltre alla traduzione, cosa ama fare nel tempo libero? «Stare con i miei due cani: Zelda e Yenkee due cuccioli, un mastino e un bassotto a pelo lungo, fare giardinaggio, due passioni che mi rilassano e mi fanno pensare». E il paesaggio varesino? «Il mio studio ha una vista meravigliosa sui laghi, sul Monte Rosa, sul Campo dei Fiori alle mie spalle; è l’ambiente ideale per lavorare. Tuttavia io abito qui, a Morosolo, ma non vivo qui, vivo nel libro in cui mi trovo in quel momento».