Israele lancia l’operazione Rising Lion: raid sull’Iran contro l’arsenale nucleare
Nella notte tra giovedì e venerdì, Israele ha dato il via all’operazione “Rising Lion”, un attacco militare mirato contro impianti iraniani di arricchimento dell’uranio. Le Forze di Difesa Israeliane (Idf) l’hanno definita un’azione preventiva, giustificata da una valutazione dell’intelligence che, secondo fonti ufficiali, indicherebbe come imminente la possibilità che Teheran si doti di un’arma nucleare.
Secondo il primo ministro Benjamin Netanyahu, l’Iran avrebbe ormai accumulato materiale fissile sufficiente per costruire almeno nove ordigni atomici e disporrebbe già dei missili necessari per il lancio. «Negli ultimi mesi — si legge in una nota delle Idf — abbiamo verificato che il regime iraniano è vicino al punto di non ritorno». Da qui, la scelta di colpire direttamente i siti considerati strategici, aprendo così un nuovo fronte militare che si aggiunge a quello, già sanguinoso e persistente, nella Striscia di Gaza.
Nessun cambio di regime, ma uno stop alla minaccia
Nel suo discorso alla nazione, Netanyahu ha voluto chiarire che l’obiettivo dell’attacco non è la destabilizzazione interna del regime iraniano, bensì la neutralizzazione di una minaccia strategica considerata “esistenziale”. Il premier ha parlato apertamente del rischio per la sopravvivenza stessa dello Stato Ebraico se Teheran dovesse arrivare a possedere l’arma atomica. Una posizione ribadita anche dal capo di Stato maggiore Eyal Zamir: «Era una necessità operativa immediata per rimuovere la minaccia e garantire il futuro del nostro Paese».
Un Medio Oriente ancora più instabile
L’operazione ha inevitabilmente aggravato le tensioni in un Medio Oriente già attraversato da conflitti e crisi. In particolare, l’attacco rischia di innescare una pericolosa escalation con l’Iran e i suoi alleati nella regione. Nonostante l’intento dichiarato di contenere un pericolo nucleare, il raid israeliano rischia di rimettere in moto una spirale di ritorsioni e atti di guerra che minacciano la stabilità dell’intero scacchiere regionale.
Nel frattempo, il conflitto a Gaza prosegue da oltre un anno e mezzo con un bilancio civile sempre più drammatico: oltre 50mila le vittime tra la popolazione palestinese, secondo le stime più recenti. La guerra, ormai estesa su più fronti, si conferma come una delle crisi geopolitiche più complesse e pericolose dell’attuale scenario internazionale.