De Mohr e Malnate Il legame si rinnova

I nipoti dell’editore-poeta donano al comune la tomba di famiglia del Cimitero Monumentale di Milano

Via Arnaldo de Mohr, a Malnate, è la strada che porta a scuola». Ecco una delle prime significative riflessioni di Annamaria de Mohr, nipote del grande cittadino malnatese vissuto nella strada a lui intitolata, repubblicano convinto, poeta ed editore, nazionalista che partecipò all’impresa di Fiume.
Il nome di Arnaldo de Mohr è legato indissolubilmente al paese dove l’intellettuale, nato a Milano il 22 aprile 1874, incontrò e condusse all’altare Carola Bernardi, figlia del segretario comunale Pietro Bernardi e di Matilde Albertolli. Da lei Arnaldo ebbe un unico figlio Claudio che, sposando Maria Vittoria dei nobili Saporiti, diede alla luce Arnaldo Vittorio, consigliere d’ambasciata, Annamaria, funzionaria dell’Unione Europea, e Ugo Gabriele, ambasciatore.

Da qualche anno i nipoti, pur vivendo lontano, hanno voluto riallacciare gli antichi rapporti tra de Mohr e il paese di Malnate, donando al comune – che ha deciso di affidare i materiali al museo Realini e all’associazione Gammar – una serie di cimeli, reperti e un pregiatissimo carteggio dannunziano. È stato perciò inaugurato un archivio dedicato all’editore-poeta malnatese con l’abbrivio delle ricerche archivistiche a cura dell’Ars, Associazione ricerche storiche di Malnate.
L’ultima donazione risale ad appena qualche giorno fa, e ha un sapore profondamente foscoliano, perché ricorda “le urne dei forti” che accendono l’animo a eroiche imprese. Annamaria de Mohr, che vi visse da piccola sfollata gli anni della seconda guerra mondiale, è ritornata nel paese del nonno per affidare al comune di Malnate la cura della tomba di Arnaldo al Cimitero monumentale di Milano.

La signora de Mohr, fasciata da un elegante abito rosso, ricorda la figura del grande antenato, amico di d’Annunzio e per breve tempo suo editore: «L’epitaffio precedentemente scelto per la tomba, che però non fu realizzato, descrive il suo carattere buono e recita che fu devoto a tre religioni: l’onestà a ogni costo, il dovere in ogni modo, la bontà malgrado tutto, e adorò tenacemente la famiglia, la patria, la repubblica. Un grande insegnamento e incitamento per mio padre, figlio unico, e per noi nipoti».
Alla morte dei nipoti, la tomba milanese passerà alle cure del comune: «La locale amministrazione si è dimostrata assai generosa, rispondendo con slancio e disponibilità alle nostre donazioni, così si è stabilito un solido rapporto reciproco».

Da grande intellettuale quale fu, Arnaldo de Mohr non solo pubblicò le proprie opere verso la fine dell’Ottocento con l’editore Carlo Aliprandi di Milano, bensì volle fondare una propria casa editrice – avventura iniziata nel 1902 – in società con Giuseppe Daiano, Adele Bosaja e Tom Antongini, segretario tuttofare del Vate.
La casa editrice prediligeva letteratura italiana, anche femminile, con scrittrici quali Matilde Serao, e poesia dialettale, e pubblicò una collana dedicata al milanese Emilio De Marchi,

l’autore di “Demetrio Pianelli” e “Arabella”.
Furono i venti del primo conflitto mondiale a infiammare l’animo appassionato del giovane Arnaldo de Mohr che, arruolatosi come soldato semplice, per le sue qualità fu presto valorizzato e posto al comando dei rifornimenti di esplosivi alle trincee. Questi incarichi gli valsero una medaglia d’argento al valore militare e, contemporaneamente, furono all’origine dell’intossicazione da gas che gli procurò poi il carcinoma polmonare che lo condusse alla morte il 4 novembre 1921.