Il carcere di Busto secondo in Italia per sovraffollamento. Preoccupa il disagio psichico

La popolazione detenuta continua a crescere e con essa tutti i problemi di sicurezza per gli stessi detenuti e per il personale che lavora nei penitenziari, Il delicato tema della salute mentale affrontato in un incontro in Regione Lombardia

VARESE – La popolazione detenuta continua a crescere. L’allarme arriva dall’associazione Antigone che registra come alla fine di novembre erano 56.225 i detenuti nelle carceri italiane, oltre 1500 in più negli ultimi 4 mesi con un tasso di affollamento del 110%. ”Una percentuale di crescita che se restasse invariata- spiega Antigone – in poco tempo renderebbe le nostre carceri del tutto ingestibili”. Il dato sul numero di presenze rispetto ai posti regolamentari non tiene conto, infatti, secondo Antigone dei posti conteggiati ma non disponibili. In particolare le regioni con gli istituti di pena più affollati risultano: Puglia (137,7%), Lombardia (133,6%) e Veneto (128,3%). Gli istituti più affollati risultano Latina (187%), Busto Arsizio (169%) e Brindisi (168%). L’associazione rileva inoltre come nella popolazione detenuta il 4,2% (2.352) siano donne e di queste 17 sono madri con 18 figli con meno di 3 anni reclusi con loro. Infine gli stranieri sono 17.854 (31,8%) un numero stabile ed uno dei più bassi degli ultimi anni.

Il problema della salute mentale nelle carceri

Accendere un faro sulle condizioni di salute mentale delle persone in carcere e proporre soluzioni al crescente disagio psichico. Questo lo scopo dell’indagine conoscitiva, promossa dalla Commissione speciale sulla situazione carceraria, illustrata oggi a Palazzo Pirelli in un incontro cui hanno partecipato esponenti istituzionali di Regione Lombardia, della magistratura e degli avvocati, oltre che il Garante nazionale dei detenuti Mauro Palma, collegato in video. “La salute mentale dentro le carceri e’ un’emergenza che non solo pesa sulle persone ristrette ma anche sugli agenti di polizia penitenziaria che si trovano ad affrontare situazioni senza avere una competenza specifica – ha sottolineato la Presidente della Commissione speciale, Paola Bocci (Pd) -. E’, quindi, fondamentale che tutte le parti politiche e amministrative, i direttori di istituti penitenziari e chi lavora siano consapevoli delle risposte e delle soluzioni da apportare. Questa indagine conoscitiva, iniziata nell’aprile del 2021, ha misurato sul campo l’aggravarsi del problema post pandemia: si stima, infatti, che il tasso suicidario all’interno delle carceri sia 18 volte superiore a quello della popolazione libera. Ma oltre ai punti critici l’indagine ha evidenziato i punti su cui si puo’ intervenire. Ci auguriamo che anche con le delibere regionali appena approvate si dia subito risposta con piani attuativi che intervengano anche in questo tipo di carenze e criticita’”. Il disagio psichico e’ la forma piu’ diffusa di malattia di cui soffrono i detenuti italiani. Oltre il 40 per cento di tutte le patologie riscontrate nella popolazione carceraria sono di natura psicologica o psichiatrica. Il risultato piu’ evidente di questo vasto e profondo disagio sono i suicidi e gli atti di autolesionismo: nel 2020 sono stati 16 (su un dato nazionale di 62) i detenuti nelle strutture detentive lombarde che si sono tolti la vita, di essi l’80 per cento aveva eta’ compresa tra i 20 e i 45 anni.

A Busto 147 episodi di autolesionismo nel 2020

Per quanto riguarda gli atti di autolesionismo, il ministero di giustizia ha dichiarato che nel 2020 si sono registrati 147 episodi nella casa circondariale di Busto Arsizio, 407 a San Vittore, 81 a Monza e 105 a Como.

Quattro i filoni di intervento proposti nelle conclusioni dell’indagine: la riduzione delle liste di attesa per entrare nelle REMS; il ricorso all’interno delle carceri di personale di supporto agli psichiatri (psicologi, infermieri psichiatrici, tecnici di riabilitazione psichiatrica); piu’ formazione specifica per gli agenti, anche con la possibilita’ di istituire sportelli d’ascolto per coloro che ne avvertissero la necessita’; maggiore attenzione ai rischi psicosociali delle donne detenute, anche con interventi di medicina di genere.

Al dibattito sono intervenuti Francesca Valenzi, dell’amministrazione penitenziaria della Lombardia, Roberto Ranieri, responsabile Uo Sanita’ Penitenziaria di Regione Lombardia, Valentina Alberta, vicepresidente Camera Penale Milano e Giovanna Di Rosa, presidente Tribunale di Sorveglianza di Milano. Le conclusioni sono state illustrate da Antonella Forattini, neo eletta al parlamento e gia’ presidente della commissione speciale sulla situazione carceraria, che ha auspicato che si proceda nel consolidamento dell’esperienza di giustizia riparativa.