Irlandese di Lombardia L’inchino finale a Cadel

Il Lombardia, o meglio The Lombardia, è sempre una corsa che regala le sorprese più belle. Perché quest’anno la classica delle foglie morte parla inglese. Ti aspetteresti , , , , , e invece dal nulla spunta .

Piano piano tutti i favoriti volano via, proprio come foglie morte. L’irlandese della Garmin, nipote d’arte (), allunga a cinquecento metri dal traguardo, sfruttando l’indecisione del gruppetto. E non lo prendono più. Era rimasto nascosto fino all’ultimo chilometro. Poi li ha fregati tutti.

Come il mitico Sean Kelly

Ma non è una vittoria casuale, perché Daniel Martin merita questo successo più di tutti. Perché gli restituisce ciò che la sfortuna gli aveva tolto in questo 2014. Con la caduta all’ultima curva alla Liegi, quando ormai era ad un passo da un bis storico. E con la caduta nel cronoprologo del Giro d’Italia. A Belfast, davanti alla sua gente, in tanti a bordo strada proprio per lui. Clavicola fratturata, e addio Giro da capitano. E con la caduta anche alla Vuelta, chiusa nella top ten, correndo sempre all’attacco, da combattente quale è.

Si è ripreso tutto con gli interessi, ieri, e non poteva che farlo in Italia, nella classica più classica di tutte. Quattro anni più vecchia del Giro d’Italia, nasce nel 1905, e vinta da tutti i più forti corridori di sempre, anche da un altro grande irlandese come , nel 1983, nel 1985 e nel 1991.

Daniel Martin già dal mattino è il primo a presentarsi al foglio firme di fronte al placido Lago di Como. Dal capoluogo lariano a Bergamo, è una festa. C’è gente da ogni parte, e il tempo aiuta. Il sole quasi fa dimenticare che è la classica delle foglie morte, non sembra autunno, non si arriverà sotto l’acqua come capita spesso.

I più acclamati alla partenza sono Aru, Contador, ed il neo campione del mondo Kwiatkowski. Che era attesissimo, ma paga la maledizione della maglia iridata. Perché a pochi chilometri dal traguardo, un problema fisico lo frena. E come d’incanto, il portoghese , svestita la maglia arcobaleno di campione del mondo, è sembrato rinato. Chiamatele coincidenze.

Al via con il figlioletto Robel

Chi delude è Contador, mai nel vivo. Così come il connazionale Purito Rodriguez, vincitore delle ultime due edizioni, che si deve accontentare dell’ottava posizione. invece è in grande forma, ma è eternamente piazzato. Come al mondiale, come alla Vuelta, come al tour. Come al mondiale di Firenze dello scorso anno. C’è sempre, gli fa onore, ma non vince mai.

I big si muovono nel finale, a dare il primo affondo è , e Aru è il primo ad andargli dietro. Gilbert parte in contropiede, a gran velocità, ma non fa la differenza sperata. Ci prova anche , ma nessuno è realmente in grado di creare il gap sulle rampe di Bergamo Alta. Restano in dieci a giocarsi il successo finale all’ultimo chilometro, con il portoghese Rui Costa e Valverde favoriti in un arrivo allo sprint.

Ma il biondino irlandese, 28 anni, sorprende tutti, e prima ancora dell’ultima curva il suo nome è già inciso nell’albo d’oro. Nell’albo d’oro della corsa che chiude la stagione del ciclismo che conta. Dal quale si congeda , campione assoluto, oro mondiale a Mendrisio nel 2009 e maglia gialla nel 2011, all’ultimo tentativo possibile. L’australiano ha corso ieri per l’ultima volta in Italia, ed in Europa. E si è presentato al foglio firma con il figlioletto in braccio. Un’immagine bellissima, come stupenda è stata la sua carriera. Che chiude con una gara da leone, 25° a 46” da Martin.

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