La droga nel boschi del Varesotto. Violenza, degrado e schiavi delle dosi.

Un problema sempre più grave, che cresce in dimensioni nonostante l'opera di contrasto delle forze dell'ordine. Anche il Corriere della Sera riprende la notizia.

Lo spaccio nei boschi della provincia finisce sul Corriere, ad evidenziare l’evidente portata che il fenomeno ha raggiunto negli ultimi anni e che viene paragonato, per organizzazione e gravità, all’ormai famosa zona del boschetto di Rogoredo a Milano.

L’organizzazione, si legge sull’articolo a firma di Andrea Galli, è verticistica e centralizzata. Un capo-area che gestisce diverse zone boschive, dei luogotenenti che sono delegati a controllare aree più piccole e i soldati che gestiscono una singola tenda di spaccio. E poi ovviamente i galoppini che, per disperazione, si prestano a fare da corrieri tra pusher e cliente in cambio di una dose. Marocchini i capi, con una comune provenienza dalla zona centrale del Marocco con fulcro la città di Béni Mellal, italiani invece i corrieri, spesso abitanti dei nostri paesi tra Valganna, Valcuvia e Valmarchirolo, tra le quali anche donne che si prostituiscono e che in cambio sono ripagate dagli spaccini con dosi di stupefacente. Qualcuna offre anche l’alloggio in zona pur di avere “la roba” con cui soddisfare la propria dipendenza.

i Carabinieri setacciano un bivacco nei boschi (foto del Corriere.it)

Ma non solo il nord varesotto. Problema gravissimo anche nei boschi del tradatese (è di oggi la notizia di un maghrebino legato allo spaccio di droga trovato morto sulla statale Varesina), di Malpensa e della Valle Olona, senza dimenticare la zona del Saronnese, ormai teatro quotidiano di violenze legate allo spaccio. Bivacchi di spacciatori sono stati ritrovati in Valceresio e anche alle pendici del Sacro Monte, destando grande preoccupazione tra residenti e frequentatori del borgo, anche se per il momento il fenomeno sembrerebbe in queste zone più marginale.

Nonostante l’impegno enorme profuso dai Carabinieri in particolare, nonchè da Polizia di Stato e dalla fattiva collaborazione delle Polizie Locali dei comuni interessati, il fenomeno non accenna a diminuire. Retate ed arresti avvengono con cadenza mensile se non settimanale, l’ultima di giugno riguarda l’arresto di 11 cittadini marocchini tra i 23 e i 30 anni, irregolari sul territorio nazionale, dopo una intensa attività investigativa condotta dalla Polizia nel luinese.

Il Marocco difficilmente riaccoglie suoi cittadini atti a delinquere, e la nostra giustizia non sempre riesce a punire la rete organizzativa dello spaccio come si dovrebbe. A ciò uniamo il fatto che spesso queste bande sono violente, e i regolamenti di conti tra di loro non sono così rari. Frequentemente i carabinieri, durante l’opera di smantellamento dei bivacchi, hanno ritrovato pistole e machete abbandonate.

Ma in primis quello che non manca mai è la domanda. Non esiste più un profilo chiaro del consumatore che si reca nei boschi a cercare droga, ormai le barriere sociali e culturali sono cadute; professionisti, operai, casalinghe, studenti, uomini e donne, giovani e meno giovani, l’uso dello stupefacente è trasversale a genere, età, professione e livello di educazione ricevuta.

Una compravendita di stupefacente ripresa dai Carabinieri nei boschi del varesotto

Mentre nell’articolo del Corriere si dice che alcuni Sindaci non sarebbero propensi a soluzioni drastiche per risolvere il problema, a noi risulta il contrario. Il Prefetto di Varese ha indetto delle riunioni del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblico dividendo in macroaree la provincia, ed i Sindaci dei comuni interessati dal fenomeno hanno manifestato la loro preoccupazione in maniera chiara e netta. Resta ovviamente un dato di fatto: la carenza di organico delle forze dell’ordine, unita alla mancanza di certezza della pena, penalizza il lavoro svolto sul territorio per debellare queste organizzazioni criminali.

Quello che servirebbe, oltre chiaramente a nuovi strumenti normativi e a maggior uomini e mezzi sul campo, è una grande presa di posizione da parte della popolazione a livello partecipativo, che si dovrebbe riappropriare dei boschi e delle montagne, oltre che un’opera di sensibilizzazione culturale per spiegare cosa significa comprare droga da questi spacciatori: degrado, impossibilità di frequentare i boschi in sicurezza da parte di turisti, sportivi, famiglie, cercatori di funghi e proprietari dei terreni, nonchè, ovviamente, un foraggiamento della mafia e della immigrazione clandestina. I giri d’affari sono immensi e l’enorme flusso di denaro finisce, in maniera piramidale, in minima parte nelle mani della manovalanza sul territorio, e in massima parte nelle tasche di narcotrafficanti e di mafiosi che gestiscono i volumi di stupefacente prevalentemente tra Italia e Sudamerica.