«La solitudine spiace più delle sconfitte»

Davide Quilici: ex giocatore e presidente dell’Hockey Club Varese

I Mastini stanno vivendo un momento di difficoltà. Dopo l’euforia della vittoria all’esordio con Chiavenna, in una serata in cui le emozioni si sono mischiate nel ricordo di Marco Fiori, i gialloneri hanno infilato una preoccupante serie di quattro sconfitte consecutive, due delle quali molto pesanti (9-1 a Egna, 9-2 a Caldaro). Quattro flop che a Varese sono passati sotto silenzio, senza sorprendere o allarmare nessuno, perché ormai l’hockey sembra destinato sempre più ad essere una realtà marginale, quasi dimenticata. Nella speranza di essere smentiti, ne discutiamo con il presidente Davide Quillici.

Abbiamo incontrato squadre più forti di noi: l’Alleghe, che ha vinto l’anno scorso, e tre squadre autoretrocesse dalla serie A. Si può mettere in preventivo di perdere contro squadre così: ad ogni modo però, potevamo giocarcela meglio. Soprattutto se andiamo a vedere come si sono sviluppate alcune sconfitte; prendiamo ad esempio l’ultima: sotto 6-0 dopo solo un tempo, è pesante.

Di certo non è dei migliori, però i ragazzi sono consapevoli dei propri mezzi e stanno lavorando sodo per uscirne presto. Tutti sanno benissimo cosa va migliorato. Ripeto, abbiamo perso partite che si potevano perdere, senza però sentirsi già sconfitti in partenza. La squadra non è soddisfatta per ora, e la dirigenza nemmeno.

È vero. Conserviamo ancora uno zoccolo duro di tifosi che ci segue, però per il resto abbiamo serie difficoltà a proporre il nostro sport. C’è anche una questione di cambio generazionale, perché c’è chi si è innamorato dei Mastini negli anni d’oro, ed ora trova questo campionato poco interessante, ripensando al passato. Sono legati ad una storia che non c’è più, mentre i più giovani hanno meno passione perché non ci sono più risultati. Eppure questo è un bel campionato, e siamo pur sempre in serie B.

Chiaramente non ci aspettiamo di competere con calcio e basket: il movimento sportivo nazionale non è paragonabile, e di riflesso nemmeno la realtà cittadina. Paragonandoci al rugby, invece, se solo l’hockey avesse una nazionale e partecipasse ad un torneo come il Sei Nazioni, l’interesse anche a Varese crescerebbe.

Ammetto che le difficoltà di gestione dell’impianto e della società non ci permettono di pubblicizzare il nostro sport come vorremmo. La concorrenza di altri sport poi ci toglie linfa vitale. Noi ce la siamo sempre cavata con le nostre gambe, senza ricevere aiuti da nessuno. Ciò non vuol dire però che l’Hockey Varese sia una realtà in salute. In cinque anni da presidente, non ho mai iniziato una stagione con il budget coperto. Dovessimo aspettare di essere a posto, non partiremmo mai. Noi ci buttiamo e ci mettiamo l’anima per non far morire questa realtà, però siamo da soli. Purtroppo oltre a noi ci credono in pochi, e questo dispiace.

Abbiamo una bella generazione di giovani che sta crescendo, il nostro settore giovanile conta un centinaio di ragazzi. Però per vedere i frutti di questa crescita dovremmo aspettare sei o sette anni, quando questi ragazzi saranno pronti per la prima squadra. Fino ai 14 anni siamo coperti, poi c’è un salto generazionale. La squadra Under 18 è costituita da giocatori di quattro società diverse, Como, Milano, Chiavenna e Varese, sotto il nome di Team Lombardia, perché mancano i numeri. Discorso simile per l’Under 16, che abbiamo creato assieme a lComo. Chiudendo con una battuta, ma neanche poi tanto, in futuro mi auguro che qualcuno ai piani alti si appassioni all’hockey.