L’abito donato e rivenduto? Il Palazzo vuole spiegazioni

Esattamente una settimana fa (era il 30 aprile) la Provincia di Varese riportava il caso di un giubbotto da uomo che, lasciato da un varesino in un contenitore per la raccolta dei vestiti usati, era stato inaspettatamente ritrovato in una bancarella al mercato di Gallarate.

Un indumento che la brava persona aveva pensato di donare ai più bisognosi era stato messo in vendita a quindici euro. L’uomo, indignato, aveva subito segnalato il fatto; a seguito dell’articolo, ampiamente condiviso dai social, si era scatenata una specie di “sommossa” popolare.

La palla è subito rimbalzata all’assessore : «I varesini non meritano di essere presi in giro, oltretutto in un momento difficile come quello che stiamo vivendo. Sono stato io, due anni fa, a gestire la trattativa con la società Humana, la quale inizialmente aveva installato quattro raccoglitori a Varese; volendo ampliare il raggio d’azione in città, mi aveva chiesto persino l’esclusiva nel ramo» prosegue.

«Io non l’avevo concessa, perché la gestione degli abiti usati è in mano anche ad altre realtà come ad esempio l’Umanitaria Padana e ci sembrava giusto offrire al cittadino la possibilità di scelta, rispettando una certa equità. Comunque oggi Humana vanta 15 contenitori a Varese, e l’apprendere di indumenti che vengono venduti e ritrovati nei mercatini dell’usato o al mercato non mi fa piacere; figuriamoci alle persone che, magari loro stesse non particolarmente abbienti, si chiedono dove veramente vada a finire il loro vestiario che un tempo gli fu caro».

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