Le parole sono inutili se prima non ci si salva

«Il rischio di retrocessione non è amai stato così alto dall’infausto 2008. Allora la LegaDue significava possibilità di ricostruire, oggi significa morte certa». Il commento del nostro Francesco Caielli

Qui volendo si può anche scegliere di andare avanti così, fingendo che non stia succedendo niente. E continuare a parlare del futuro come se fosse scontato che ci sarà, un futuro. Il rischio di retrocessione è altissimo, non è amai stato così alto dall’infausto 2008 (con una differenza: allora la LegaDue significava possibilità di ricostruire, oggi significa morte certa). Eppure sembra che in pochi se ne stiano rendendo conto.

Nessuno più di noi è convinto che tutto, su ai vertici, debba cambiare: lo diciamo da tempo, anche quando a dirlo eravamo in pochi e scrivere certe cose non era affatto semplice. Ora che il “tiro al presidente” va tanto di moda, fa un po’ strano far notare che se la Pallacanestro Varese dovesse malauguratamente scivolare all’inferno non ci sarà nulla di cui parlare. Nessun nuovo presidente da lanciare, nessun direttore sportivo da scegliere, nessun allenatore da valutare e nessun giocatore da confermare.

Abbiamo detto chiaramente qual è il nostro pensiero e cosa secondo noi va fatto (via tutti e pieno potere al consorzio che sceglierà un manager – Andrea Conti, l’abbiamo lanciato una settimana fa, ci piace – al quale chiedere un rendiconto settimanale del suo operato). Ora, ognuno di noi faccia quello che può e che deve per salvare la Pallacanestro Varese.

Perché sarà dura, ragazzi. Domenica arriverà Capo d’Orlando in una partita che non sarà una partita ma uno psicodramma: perché entrambe le squadre saranno costrette a vincere ma Varese avrà addosso la pressione di un ambiente sull’orlo di una crisi di nervi. E di un palazzetto pronto a esplodere di rabbia e mugugni se i biancorossi dovessero scivolare sotto nel punteggio. Rendiamoci conto, tutti, che ad oggi la Pallacanestro Varese è la principale candidata alla retrocessione e rendiamoci conto tutti che i prossimi quindici giorni ci diranno se moriremo o se invece resteremo vivi. Se ne renda conto il coach, se ne rendano conto i giocatori invece di offendersi per le critiche ricevute dopo una partita vergognosa, se ne renda conto la gente e rendiamocene conto pure noi che siamo qui a scrivere. Perché le parole sono importanti.

Facciamolo insieme. Tutti. Salviamo la nostra Pallacanestro Varese e poi torniamo a fare la guerra per renderla più bella e forte. Ma prima salviamola, altrimenti non avremo più nulla per cui combattere.