‘Ndrangheta a Saronno, sgominato racket del calcestruzzo e delle aste immobiliari: 11 misure cautelari

L'indagine dei Carabinieri sull'incendio di alcuni mezzi del comune di Saronno ha permesso di portare alla luce una sistema mafioso che coinvolgeva numerose aziende del Saronnese.

SARONNO – E’ stata portata a termine, alle prime ore della mattinata di oggi lunedì 25 luglio, una vasta operazione dei Carabinieri della Compagnia di Saronno volta a dare esecuzione ad un’ordinanza applicativa di misure cautelari emessa dal Gip del tribunale di Milano, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 11 persone gravemente indiziate dei reati di estorsione e turbata libertà degli incanti, aggravati dal metodo mafioso

Il provvedimento cautelare ha disposto l’arresto in carcere per 5 indagati, gli arresti domiciliari per un altro, il divieto di dimora nella provincia di Varese per altri 2 e l’obbligo della presentazione alla polizia giudiziaria per 3.

Le indagini sono state avviate dopo che la notte del 13 settembre 2017 si era verificato un incendio doloso che aveva distrutto 6 autovetture di servizio di proprietà dell’amministrazione comunale di Saronno.

Le attività investigative avviate dei carabinieri, pur non riuscendo a individuare i responsabili, hanno però permesso di fare emergere un inquietante scenario relativo ad imposizioni messe in atto, anche con il ricorso a esplicite minacce e atti di forte violenza, da parte di soggetti stabilmente inseriti nel tessuto imprenditoriale della zona compresa tra i territori dei comuni di Saronno, Cislago e Gerenzano, alcuni di loro originari della provincia di Reggio Calabria, con chiari legami con esponenti di famiglie della ‘ndrangheta.

Diversi sarebbero gli episodi delittuosi, tutti caratterizzati da una metodologia propriamente mafiosa, posti in essere degli indagati, i quali, noti nell’ambiente nel settore lavorativo per la loro appartenenza alla ‘ndrangheta, sono riusciti ad estromettere dal mercato imprese concorrenti a favore di altre a loro riconducibili, accaparrandosi illegalmente appalti e incarichi di servizi, imponendo proprie opere in subappalto a imprese aggiudicatarie di importanti lavori nel settore dell’edilizia del movimento terra.

Per raggiungere i propri scopi i sodali non avevano remore a ricorrere a vere proprie aggressioni, come nel mese di gennaio 2019, quando vi fu un pestaggio – documentato – ai danni del titolare di un’impresa concorrente, contestualmente minacciando il committente di gravi danni ai mezzi dell’impresa qualora non fosse stata quella da loro individuata ad accaparrarsi lavori.

Sono inoltre emerse pratiche simili nel corso delle aste giudiziarie per la vendita di immobili disposta dal tribunale di Busto Arsizio. Le procedure di aggiudicazione, che riguardavano anche immobili pignorati appartenenti al medesimo gruppo criminale, puntualmente subivano interferenze da parte di alcuni degli indagati che non esitavano, attraverso espliciti avvertimenti minatori, a far desistere dei loro propositi vari offerenti.

In sede di sopralluogo sull’immobile oggetto di vendita, i potenziali acquirenti si ritrovavano spesso circondati da soggetti che, con atteggiamenti intimidatori, rivolgendosi loro con spiccato accento calabrese, riportavano i gravi fatti giudiziari in cui i vecchi proprietari dell’immobile in vendita erano coinvolti fino a farli desistere dall’acquisto.

Anche altri imprenditori del territorio sono stati oggetto di comportamenti estorsivi: è emersa, ad esempio, l’illecita pretesa avanzata ai danni del titolare di un’autorivendita di Cislago, dal quale gli indagati si sono fatti consegnare una somma di oltre 60.000€ a fronte di un credito inesistente e creato ad arte, ricorrendo anche in tali circostanze a violenza e minaccia, non solo con l’incursione interno della sede la società minacciando i presenti e danneggiando gli arredi, ma anche con l’utilizzo di armi da fuoco: in un’occasione, i criminali hanno puntato una pistola alla nuca della vittima che cercava di resistere alle sempre più pressanti e insostenibili richieste di denaro.

Dei 5 destinatari della custodia in carcere, 4 sono stati tradotti presso la casa circondariale di Busto Arsizio e uno, localizzato in Calabria, invece presso quella di Palmi: sono tutti a disposizione dell’autorità giudiziaria.