Quando d’estate si andava al cinema…

Cultura -Varese e il grande schermo, un binomio di successo. Negli anni ’60 c’erano ben sette sale

Altro che leone della Metro-Goldwyn-Mayer: al Gran Cinema Vittoria di Varese, nell’anno 1917, l’inizio delle proiezioni era scandito dal “ruggito” gutturale di un drago di metallo fissato sul portone d’ingresso alla sala e voluto dal proprietario, Vincenzo Bernasconi. Lo splendido edificio, con il fregio in pietra scolpito sul frontone, godeva di ben 400 poltroncine tra platea e balconata e lo spazio per l’orchestrina che accompagnava lo scorrere delle pellicole negli anni del muto.
Varese e il cinema, un binomio di successo fino a quando tv e home video hanno ucciso le abitudini pomeridiane e serali di chi voleva concedersi un paio d’ore di svago “incuponandosi”, per dirla alla siciliana, in una delle molte sale del centro – ben 7 negli anni ’60 – oggi chiuse a eccezione del Miv e del Nuovo, tenuto in vita dalla passione di Giulio Rossini e dei suoi collaboratori di Filmstudio ’90.

Addio mini stagioni estive – sopravvive “Esterno notte” ai Giardini Estensi, ma è altra cosa – quando causa temporale ci si rifugiava in sala, addio cineforum firmati Chino (Franco Gandini) al Vittoria auspice Università Popolare, addio (per chi scrive e qualche giubianese ormai anzianetto) pomeriggi domenicali al cinema “Giardino” dell’oratorio a vedere Disney d’annata, addio occhiate furtive alle locandine dei film hard esposte al Lyceum e al Gloria poi Rivoli prima della loro miseranda fine.
E pensare che “le

filme” arrivarono a Varese molto presto, come ha ben scritto Antonia Serra nell’ormai leggendario “Il cinema della memoria” pubblicato 20 anni fa da Arterigere, nel 1895, tre anni dopo la nascita del Politeama “Ranscett”, battezzato così dal nome della filarmonica locale. Il 2 ottobre 1900 con inizio alle ore 20.30, in piazza XX Settembre i varesini poterono assistere alla proiezione del documentario “Esposizione di Parigi 1900”, grazie alla straordinaria innovazione del “cinematografo moderno”, che come si legge nella locandina «ottenne trionfali successi nelle principali città d’Italia». In città sostavano poi i cinematografi ambulanti, di cui dà struggente memoria Scola nel suo “Splendor”, con proiezioni all’aperto per l’Esposizione varesina del 1901 e i baracconi della famiglia Kullmann in piazza del Mercato.
Il cinema incomincia a piacere e le sale si moltiplicano, con l’apertura dell’Excelsior tra via Vittorio Veneto e via Bagaini, del Dumont nella Casa Rovera di piazza Mercato, quindi, nel 1911, dello storico Centrale tra le vie Bagaini e Cimarosa. L’anno dopo sarà la volta del Gran Cinema Varesino di via Morosini, sala al passo con i tempi, 220 posti e poltrone numerate, ventilatori e aspiratori d’aria (il fumo allora era permesso), spettacoli di varietà tra primo e secondo tempo del film. Il 17 luglio 1917 s’inaugura il Gran Cinema Vittoria, gioiello oggi abbandonato che andrebbe restituito al più presto alla città, ma è Giovanni Bagaini a volere fortemente un concorrente all’altezza, e nel 1920 finanzia anche personalmente la costruzione del Lyceum, sala polivalente per proiezioni, conferenze e concerti, circolo ufficiali e raffinata bouvette.

Il 14 aprile 1922 il Lyceum apre al pubblico i suoi splendidi interni: stile Impero, salone principale e tre salette attigue, poltrone bianche con braccioli a forma d’aquila, parquet e drappeggi. Primo spettacolo “Erma bifronte”, proiettato con la macchina “Eureka”, progettata e costruita dalle officine di Pio Pion, ingegnere varesino trasferito a Milano, «quanto di più perfetto si possa oggi richiedere nel campo della meccanica di precisione applicata alla cinematografia».
Nel 1940, con il Teatro Sociale ormai in decadenza, apre la più grande sala della città, il cinema teatro Impero, 632 posti in platea e 576 in galleria, vasto palcoscenico e buca per un’orchestra di 60 elementi, che vedrà leggendarie stagioni teatrali e rappresentazioni liriche.
Il resto è storia recente, chiusi il Vela, l’Arca di Giubiano, Vittoria, Rivoli, Lyceum, Politeama (dove tutti abbiamo visto i film in lingua originale e la prima di “Grease”) e il Mignon d’essai o “cinema delle pulci”, unico aperto anche la mattina, che vide il giovane Giulio Rossini in veste di aiuto-proiezionista.
Un ultimo ricordo va al Circolo varesino del cinema “Il Portico”, nato nel dopoguerra dalla passione di Beppi Bortoluzzi e Franco Gandini, padri del primo cineforum cittadino, con pellicole raffinate proiettate al Lyceum, tra cui “Il monello” di Chaplin. Per fortuna Filmstudio ’90 ne ha seguito le tracce, mantenendo viva una tradizione di cultura e civiltà.