Studenti-prof in Cina e Russia «Porte spalancate sul futuro»

In Cina e in Russia grazie a una borsa di studio del Miur e grazie ai propri docenti dell’Università dell’Insubria, che hanno voluto dare ad alcuni tra i loro migliori studenti la possibilità di una permanenza di qualche mese all’estero, per studiare la lingua che aprirà le porte del futuro lavorativo. Ma anche per insegnare l’italiano.

È l’esperienza che ha coinvolto cinque studenti del corso di laurea in Scienze della Mediazione interlinguistica ed interculturale dell’Università dell’Insubria, scelti dal ministero per un’esperienza di tre mesi all’estero.

Tre ragazzi sono già partiti e tornati: , e hanno passato la primavera, da marzo a giugno, in tre diverse università cinesi, mentre e partiranno a settembre per passare tre mesi a Novosibirsk, in Russia.

«Tre mesi fantastici, sotto tutti i punti di vista – racconta Michele Lubrano – Sono stato nell’università di Hangzhou, vicino Shangai. Ci ero già stato e, dopo questi tre mesi, credo proprio che tornerò. Magari in un’altra città, ma nei miei progetti c’è sicuramente un’altra esperienza in Cina».

I ragazzi raccontano di una realtà molto accogliente: «I cinesi, per cultura, non sono diffidenti con gli stranieri, anzi – dice ancora Michele – sono molto curiosi e sono pronti ad aiutarti».

I tre mesi sono passati tra le lezioni di cinese frequentate al mattino e quelle di italiano tenute al pomeriggio: «Le mie lezioni erano soprattutto volte a cercare di chiarire i dubbi dei ragazzi sulle innumerevoli differenze tra le due lingue».

Tiziano Calcaterra è stato invece a Dalian, una città sul mare all’estremo est della Cina. Una realtà diversa dalla più cosmopolita Hangzhou, ma anche qui i lati positivi non sono mancati: «C’erano molti ragazzi coreani o giapponesi nel campus – racconta Tiziano – Non sapevano benissimo l’inglese, quindi eravamo costretti a parlare sempre in cinese, anche una volta finite le lezioni. Un modo per continuare ad imparare gli uni dagli altri».

Non tutto, però, è positivo. La Cina, dopotutto, non è un paese democratico: «Solo qualche ragazzo che ha fatto esperienze di studio in paesi occidentali ha il coraggio di parlare in termini non entusiastici del governo cinese. E sempre a bassa voce – racconta Tiziano, che è rimasto colpito anche da un’altra abitudine – alle 22 scattava una specie di “coprifuoco”: tutti in camera, e alle 23 la luce viene spenta. Ma i ragazzi cinesi non si lamentano, sono molto concentrati sullo studio».

Ci sono anche luoghi comuni che vengono sfatati: «La cucina cinese non è come quella che vediamo in Italia: è molto raffinata, speziata e piena di cibi per noi sconosciuti – racconta Michele – e c’è una leggenda metropolitana da smentire: i cinesi non mangiano i cani. Ho girato anche in altre città, e non ho trovato un solo chiosco o ristorante che proponesse piatti a base di “Fido”. Un segnale positivo».

Il contatto con una cultura diversa, tre mesi full immersion per imparare meglio la lingua, hanno permesso molti progressi ai ragazzi.

«I nostri insegnanti dell’Insubria hanno notato subito grandi miglioramenti nella pronuncia e nel linguaggio – dicono Michele e Tiziano – e noi siamo più pronti per altre esperienze simili».

In settembre toccherà a Martina Gaglio e Jessica Nitti, in partenza per Novosibirsk, in Russia.

«Mi aspetto mesi molto impegnativi e faticosi – racconta Martina – ma sono entusiasta, perché sarà una grande opportunità di crescita personale e culturale. E la carta vincente per il mio futuro».

Chiara Frangi

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