Un esercito a immagine di Caja

Esordio in campionato: c’è Venezia campione d’Italia. Inizia la scalata: la squadra si immedesimi nell’allenatore

Il miglior augurio che si possa fare alla Varese che oggi si appresta a iniziare l’avventura stagionale è quello di essere l’immagine riflessa del suo allenatore. Fin dal giorno (se la memoria non ci tradisce era il 21 o il 22 dicembre 2016) in cui ha incontrato la dirigenza varesina in gran segreto e poi accettato la proposta di sostituire Paolo Moretti (e lo stesso è avvenuto quando al posto di Moretti c’è stato da sostituire Pozzecco),

Attilio Caja ha dimostrato soprattutto una cosa: di tenerci da morire alla “sua” Openjobmetis. Come tutti gli allenatori con le rispettive squadre? Forse. Anzi, no. Perché accanto a una professionalità innata, quasi maniacale (scritto in senso positivo, ovviamente) e a un’arte dell’insegnamento cestistico che contempla sudore, tempo, applicazione e una ricerca spasmodica della precisione attraverso la ripetizione (doti, queste sì, rare ma non certo inedite), l’Artiglio da Pavia ha sempre aggiunto anche un sentimento particolare: considerare Varese un dono, un arricchimento professionale, una bella chance con un Nome che non sarà mai banale anche se della Storia che l’ha reso tale non è rimasto che il ricordo. Un qualcosa per il quale spendersi, finché ce n’è.

Pretendere un animo simile da chi arriva dall’altra parte del mondo e vive solo nel presente sarebbe, più che impossibile, grossolanamente stolto: resta, ed è quello che ci interessa, l’esempio. In grado, a volte, di creare immedesimazione, spostare le montagne e scrivere storie bellissime.

“L’esame precampionato” (non poi così superficiale) ha detto che sì, forse su questo punto non siamo lontani: la Varese 2017/2018 è nata con tanta voglia di riuscire, di non sfigurare, di emergere. Più che i risultati a parlare sono stati l’andamento delle partite, l’atteggiamento di singoli e gruppo e quelle peculiarità tecniche (difesa in primis, subito dopo la coralità del gioco offensivo) che non nascono dal talento: nascono dal lavoro, dalla bramosia di chi ci tiene per davvero. Nascono, ecco chiuso il cerchio, dall’immagine di un allenatore. Che ci tiene da morire.

Da stasera (palla a due ore 20.45) inizierà il vero confronto con il resto del mondo, l’unica cosa che conta. E, visto che la Varese 2017/2018 è stata educata fin dai primi vagiti a considerare il cammino una montagna da scalare, la salita inaugurale è almeno al 20% di pendenza: a Masnago sbarcano i campioni d’Italia in carica.

La Venezia tricolore, durante l’estate, ha raddoppiato, altro che lasciare: persa la sostanza di Stone? Ecco la “garra” di De Nicolao; perso il talento di Ejim? Ecco una gemma rara come il lituano Orelik (ex Banvit e secondo miglior quintetto dell’ultima Champions League); persi i muscoli di Haggins? Ecco quelli di Biligha e il dinamismo dell’ex Caserta Watt. Ecco, soprattutto, la classe e i punti di un giocatore che qui conosciamo bene, uno degli eroi della salvezza firmata Artiglio bis: Dominique Johnson. A un totale che comprende anche la valente guardia Jenkins (ex Pistoia), l’esperienza di Cerella e la freschezza del giovane esterno (nazionale ceco) Kyzlink, vanno aggiunte conferme di alto livello: il sempre imprevedibile Haynes, le tecniche ali Bramos e Peric e l’utile chioccia Ress.

Insomma: uno squadrone per il campionato italiano. Centimetri e punti, fisicità e velocità, giocatori di qualità e di quantità e un roster infinito. Che De Raffaele metterà in campo con la solita libertà (di stampo “recalcatiano”) offensiva ma anche con un’attenzione particolare alla difesa. L’unica (magra) consolazione per Varese sarà l’assenza di Stefano Tonut, vittima di non banali guai alla schiena (è stato operato) che lo terranno lontano non poco dal parquet.

Come affrontare tutto questo? Non in maniera poi così diversa da come dovrà essere affrontato l’intero campionato: con una difesa talmente asfissiante da morire sul legno trattato. E con una tenacia mentale tale da non smarrirsi davanti ai parziali di avversari nettamente superiori, tenendo dritta la barra della propria partita. Basterà? Non si sa.

Perché poi bisognerà fare anche canestro e la Openjobmetis (ormai assodato un quintetto di partenza con Ferrero da “4”: Hollis sarà sesto uomo) dovrà trovare quei due o tre protagonisti offensivi in un plateu di punti nelle mani non illimitato.