Un ticinese su due viene a fare la spesa in Italia. Prezzi alle stelle: svizzeri preoccupati per il futuro

Un sondaggio rivela come la popolazione elvetica, specie i nostri vicini di casa, sia spaventata dagli effetti dell'inflazione: i rincari di generi alimentari, affitti, premi di cassa malati e vacanze stanno provocando grande frustrazione. Diminuisce l'attenzione al clima. I dati dello studio

LUGANO – L’inflazione è diventato per gli svizzeri il problema numero uno, superando il cambiamento climatico: è quanto emerge da un sondaggio condotto da Comparis, che mette anche in luce come oltre un ticinese su due faccia la spesa in Italia.

Nel rilevamento demoscopico condotto nel corrente mese di maggio il 71% (+5 punti rispetto a dicembre) si è detto preoccupato per il rincaro mondiale, il 69% (+5 punti) per quello in Svizzera, il 65% per i mutamenti del clima (-3), il 57% (-3) per le difficoltà di approvvigionamento in tutto il pianeta, il 53% (-5) per la penuria energetica nella Confederazione, il 31% (-4) per la pandemia. Vi è anche uno zoccolo dell’8% (invariato) che non ha crucci in relazione a nessuno dei temi indicati.

Lugano

“La popolazione prova frustrazione per l’aumento dei prezzi di generi alimentari, affitti, premi di cassa malati e vacanze”, afferma Michael Kuhn, esperto Comparis in finanze e consumi. “Con la crescita dei prezzi, la questione climatica sembra preoccupare un po’ meno”. Ad esempio quest’anno solo l’8% intende compensare le proprie emissioni di CO2 durante i viaggi in aereo e le crociere: nel 2020 e nel 2021 la percentuale era del 13%. Anche la disponibilità a viaggiare meno in aereo per tutelare il pianeta è in costante diminuzione: è passata dal 29% nel 2021 al 24% a maggio 2023. La percentuale di donne preoccupate per i cambiamenti climatici (70%) continua a essere nettamente più alta rispetto agli uomini (60%). Sussiste anche una grande differenza a seconda del livello di istruzione: il 61% delle persone con una formazione medio-bassa è preoccupato per il clima, mentre tra le persone con una formazione più elevata la percentuale è del 70%.

Intanto il 72% degli intervistati dichiara che l’inflazione ha un impatto forte o molto forte sul proprio budget familiare. Il rincaro più marcato riguarda i prezzi dell’energia da riscaldamento: il 72% è colpito. Il 65% percepisce il forte incremento dei prezzi delle vacanze, una quota di gran lunga superiore a quella del sondaggio di dicembre. Alla domanda relativa al cambiamento nel comportamento a seguito dell’aumento dei prezzi, il 52% di tutte le persone preoccupate per l’inflazione ha risposto di voler rinunciare a grandi acquisti come mobili e auto. Il 49% afferma che risparmierà di più e consumerà di meno e il 13% vuole investire di più in fondi e azioni. “Con il rincaro prosegue la tendenza già registrata durante la fase critica della pandemia di coronavirus: la maggioranza degli svizzeri rinvia acquisti costosi a causa della situazione finanziaria incerta”, spiega Kuhn.

Il 27% degli adulti si aspetta un peggioramento della propria situazione finanziaria il prossimo anno. Il 67% degli intervistati cita come motivo principale del proprio pessimismo il forte rincaro dei premi di cassa malati; seguono al secondo posto con il 39% la progressione del costo degli affitti e delle ipoteche. Per risparmiare, il 72% degli svizzeri che non ha abbastanza soldi da parte è pronto a rinunciare a spese inutili e agli acquisti spontanei. Di conseguenza adotta un comportamento di acquisto più consapevole dal punto di vista finanziario: il 64% approfitta degli sconti ogni volta che è possibile, il 52% confronta attentamente i prezzi dei vari offerenti e opta per l’offerta più conveniente e il 49% fa acquisti presso i discount. Nella Svizzera italiana, inoltre, il 54% dichiara di fare acquisti oltre frontiera, un dato assai superiore a quelli registrati in Romandia (23%) e nella Svizzera tedesca (22%). “Chi vive in una regione di confine si reca all’estero più spesso per risparmiare rispetto a chi abita nei cantoni centrali e questo anche se finora il rincaro nei paesi limitrofi è stato nettamente più elevato che in Svizzera”, conclude Kuhn.