«La pioggia tornerà, temo il caldo. Questo mondo ha bisogno di noi»

L’intervista a Piernando Binaghi, il varesino del meteo svizzero

Sul fatto che Varese sia una delle città più piovose d’Italia spesso s’ironizza ma quest’anno gli ombrelli non si sono aperti troppo spesso. Anzi, sono chiusi da poco più di cinquanta giorni e, a sentire le previsioni, lo resteranno pure nelle ultime due settimane del 2015. Intanto l’inquinamento va alle stelle e le temperature sono piuttosto miti, alle soglie del solstizio d’inverno del prossimo 22 dicembre. Che cosa sta accadendo? Lo abbiamo chiesto a, notissimo volto televisivo della televisione svizzera, meteorologo di fama, ex pilota di elicotteri e ingegnere aeronautico. Le sue risposte non sono state troppo confortanti purtroppo ma la situazione non coinvolge solo Varese.

Le precipitazioni si verificano con maggior frequenza in primavera e in autunno e il dato significativo sta proprio nello strambo novembre appena trascorso senza pioggia. Del regime invernale, invece, fa parte l’alta pressione e dunque non dovremmo aspettarci adesso un clima piovoso. Il record c’è perché un dicembre più asciutto del solito si è agganciato a un mese precedente anomalo, perché privo di precipitazioni.

La stabilità atmosfera proseguirà ancora per alcuni giorni, Natale compreso. Il prolungarsi di questo quadro non significa che non pioverà più ma è una circostanza su cui occorre riflettere perché nel giro di una generazione il clima del pianeta è cambiato.

Da ragazzo, negli anni Settanta, mi ricordo che nevicava a novembre e che a febbraio trovavo ancora la neve per terra. Poi, all’inizio del decennio successivo, sono arrivate le grandi nevicate mentre da vent’anni a questa parte abbiamo messo in fila un inverno più caldo dell’altro. Non inquieta l’estate torrida: quella del 2015 è paragonabile a quella del 2003. Ma c’è da riflettere sugli inverni sempre più miti e questo non si avverte solo a Varese.

Sono in contatto quotidianamente con colleghi di 35 paesi che mi confermano come la temperatura invernale sia decisamente più alta: sta facendo caldo in Germania, Finlandia, Polonia, Canada e anche in Israele il clima è decisamente più mite rispetto agli altri anni. Non è dunque una questione locale e occorre studiare azioni da promuovere a livello politico: servono scelte a lunghissimo termine per ribaltare le cose.

Non amo il terrorismo climatico ma devo dire che i segnali per preoccuparsi ci sono tutti. Non abbiamo assistito a un solo inverno eccezionale ma sono già una ventina. Da qui alla fine della stagione ci sarà anche una bellissima nevicata in pianura e allora qualcuno tirerà il fiato e starà tranquillo. Bisogna però anche vedere quanto resta la neve a terra: se sparisce dopo tre giorni e poi il terreno si asciuga subito è come se non avesse neanche nevicato. La desertizzazione ogni anno si sposta di cinque chilometri verso nord e il dato deve fare riflettere.

Disincentivare a livello mondiale l’uso dei combustibili fossili. India, Cina e Stati Uniti rappresentano il 35 per cento dei consumi globali e serve una politica comune, partendo dal locale in modo tale che si rifletta poi sul pianeta. Bisogna muoversi velocemente anche perché le brutte notizie sono all’ordine del giorno: India e Cina continuano a utilizzare carbone per produrre energia mentre il prezzo del petrolio si è abbassato notevolmente arrivando a costare 35 dollari al barile e qualcuno potrebbe chiedersi se vale la pena abbandonarlo. Il presidente Obama ha detto chiaramente che la nostra è l’ultima generazione che può fare qualcosa di significativo per il clima e per l’ambiente. Le energie rinnovabili sono la risorsa su cui investire.