Varese trascina la rivolta Roma trema per la messa in mora

Dopo la presa di posizione di Morazzone, la protesta contro i conti non saldati s’allarga. Il leader Grimoldi: «Al Governo daremo un segnale di forza. I sindaci non resistono»

– Lo Stato non paga e i sindaci si ribellano: «Metteremo in mora lo Stato. È un segnale politico per cambiare rotta».
La mobilitazione lanciata dal sindaco di Morazzone e segretario provinciale della Lega Nord si allarga a tutta la Lombardia: lo ha confermato venerdì sera nel corso del festival padano di Busto Arsizio il commissario “nazionale” della Lega Lombarda , braccio destro di.

«I sindaci devono dare risposte ai cittadini sui problemi del quotidiano, dalle buche nelle strade ai servizi agli anziani – spiega Grimoldi – se oltre ai tagli pesantissimi subiti in questi anni, ai Comuni non arrivano nemmeno i trasferimenti che spettano, la situazione diventa ingestibile».
«Occorre dare un segnale al governo, come faremo con la grande manifestazione federale di novembre: tutto quel che è lecito è giusto compierlo. E se come enti locali dobbiamo fare gli “evasori

fiscali” per smuovere il governo centrale, ben venga un atto politico di forza dirompente contro un governo che disattende le promesse». Il sasso lo aveva lanciato qualche giorno fa il sindaco di Morazzone Matteo Bianchi, accorgendosi con il ragioniere del suo Comune che c’era un problema di liquidità di cassa causato dal mancato versamento dei trasferimenti previsti in base al “Fondo di Solidarietà Comunale”.
Interloquendo con i colleghi sindaci di altri Comuni della provincia di Varese, Bianchi si è reso conto che il problema è comune a tutti. Così venerdì sera ha convocato i sindaci leghisti per proporre una sorta di “rivolta” fiscale contro lo Stato che non paga il dovuto.

«Ci sono Comuni che sono andati in rosso con il conto in banca e hanno dovuto pagare gli interessi per colpa delle inadempienze di Roma – spiega Matteo Bianchi – Nei prossimi giorni faremo avere a tutti i sindaci, leghisti e non, una lettera-tipo di messa in mora in cui tratteremo lo Stato come un qualsiasi soggetto debitore».
“Se entro sette giorni non paga, passeremo alle vie legali”: questo in sintesi il tono della raccomandata che i sindaci lombardi spediranno al ministero dell’economia. «A quel punto potremmo tardare a pagare l’Iva» annuncia Bianchi.
«Sappiamo che concretamente non otterremo probabilmente nulla, ma è un segnale politico al governo».
Il sindaco di Varese ci aveva già provato, anni fa, con la messa in mora, quando Roma non versava i rimborsi per le spese di funzionamento del tribunale: «La risposta? Una pernacchia – ammette Fontana – Il ministero rispose semplicemente che distribuiscono i soldi in base alla disponibilità». Ma la rivolta è soprattutto un atto politico di protesta forte.
«Gli amministratori devono dare l’esempio, perché non possiamo pretendere che i nostri elettori, che sono gente perbene, facciano la rivolta fiscale – sottolinea il senatore , già sindaco di Tradate – I sindaci devono far capire ai cittadini che li difendono, come per l’obiezione contro l’arrivo dei clandestini. È un atto contro un sistema che va cambiato».
Candiani aggiunge “pepe” politico alla vicenda.
«Mi chiedo perché sindaci di centrosinistra come Astuti o la Cavalotti non si lamentano di questo stato di cose, mentre io ad esempio, da sindaco, avevo preso posizione contro il patto di stabilità anche se la Lega era al governo. Qui abbiamo dei Comuni che ormai sono tra la crisi di liquidità e il dissesto perché non possono spendere i soldi che hanno».