Nobel/ Premio pace, i blogger della ‘primavera araba’ favoriti

Oslo, 7 ott. (TMNews) – Nell’anno della primavera araba, i
blogger nordafricani protagonisti e narratori delle rivolte pro-democrazia sono i grandi favoriti per il Nobel per la Pace che sarà annunciato alle 11 a Oslo. Se la lista dei candidati è top secret, gli esperti pensano che il vincitore sia da cercare nei movimenti popolari che hanno rovesciato i regimi in Tunisia, Egitto e Libia o scardinato le autocrazie di Siria, Yemen e Bahrein.

Poi ci sono gli outsider dell’ultim’ora: la presidente della Liberia, Ellen Johnson Sirleaf, prima donna ad essere eletta capo di stato nel continente africano, è la “laureata più probabile” del premio Nobel per la Pace 2011, secondo quanto annunciato ieri sera dalla televisione privata norvegese TV2. Giunta al potere dopo 14 anni di guerra civile, Johnson Sirleaf, 72 anni, è un simbolo della Nuova Africa, secondo la televisione TV2, che nelle due edizioni precedenti ha predetto correttamente i nomi di Barack Obama nel 2009 e Liu Xiaobo nel 2010. L’eventuale attribuzione del Nobel a Johnson Sirleaf arriverebbe appena quattro giorni prima le elezioni presidenziali in Liberia che la vedono correre per un secondo mandato.

Trovare un vincitore? “Quest’anno non è stato particolarmente difficile” ha confessato il presidente del comitato Nobel, Thorbjoern Jagland intervistato la settimana scorsa dalla France Presse. Dal suo arrivo alla guida del comitato, Jagland si è fatto notare per scelte assai controverse come il premio a Barack Obama, soltanto pochi mesi dopo l’insediamento alla Casa Bianca, e poi ancora al dissidente detenuto cinese Liu Xiaobo; riconoscimento quest’ultimo che ha scatenato la collera di Pechino.

Scelto fra una cifra di candidati record – sono 241 gli individui e organizzazioni in lizza quest’anno per l’ambito riconoscimento – il premiato dovrebbe quindi far convergere su di sé un maggior numero di consensi, almeno stando agli esperti. “La primavera araba è il tema favorito quest’anno” secondo Kristian Berg Harpviken, direttore dell’Istituto di ricerca sulla pace di Oslo (Prio). “Il comitato ha indicato con grande chiarezza che voleva un premio attinente all’attualità e che abbia un impatto sugli sviluppi politici” ha osservato.

Fra i papabili della primavera araba, c’è innanzi tutto una giovane donna: Lina Ben Mhenni, alias ‘Tunisian Girl’. Blogger di 27 anni, attivista per i diritti umani ha raccontato sul suo blog – ‘Tunisian Girl’ – la ‘rivoluzione dei gelsomini’ in Tunisia in tempo reale, denunciando la repressione da parte del regime di Ben Alì prima che venisse spodestato. Ci sono poi la 33enne Israa Abdel Fattah e il 30enne Ahmed Maher, i cyber-attivisti egiziani che hanno fondato il ‘Movimento 6 aprile’, un gruppo nato online nel 2008 che ha poi ispirato le manifestazioni di piazza Tahrir al Cairo di gennaio e febbraio, quelle che hanno portato alle dimissioni di Hosni Mubarak.

Fra gli internauti della primavera araba che potrebbero ricevere il Nobel c’è anche Wael Ghonim, icona della ‘rivoluzione Facebook’. Responsabile marketing della Google in Medio Oriente, ha passato dodici giorni in carcere perché accusato di aver ispirato le manifestazioni di piazza al Cairo. La rivista Time l’ha definito “la persona più influente del 2011”.

Il Nobel per la pace 2011 sarà annunciato – d’altronde – il 7 ottobre, il giorno che segna anche i dieci anni dall’inizio della guerra in Afghanistan in risposta agli attacchi terroristici dell’11 settembre negli Stati Uniti: il premio potrebbe andare all’attivista afgana Sima Samar, che si batte per i diritti delle donne nel paese ed è a capo della Indipendent Human Rights Commission.

Fra gli altri candidati in pole position: Yoani Sanchez, l’attivista cubana che racconta sul suo blog molto seguito la difficile vita sull’isola; Svetlana Gannushkina, che si batte per il rispetto dei diritti umani in Russia con la sua organizzazione non governativa ‘Grazhdanskoe Sodeistvie’; l’ex cancelliere tedesco Helmut Kohl; la pacifista liberiana Leymah Gbowee; il primo ministro dello Zimbabwe Morgan Tsvangirai e l’Unione Europea.

Spr

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