Pavoletti e la crisi del gol “Mi sblocco e prendo Mancosu”

Leonardo Pavoletti ha firmato l’ultimo gol il 25 gennaio scorso (rigore inutile con il Cesena). Domani a Masnago arriva il Padova e saranno 49 i giorni di astinenza dell’attaccante che su azione non segna dal 21 dicembre e cioè da 84 giorni.

Beh, anche nel girone di andata sono stato senza gol per cinque partite. Quest’anno va così e questi periodi sono dovuti forse più al fatto di sentirmi stanco fisicamente che ad altro. Non dispero, comunque, e dentro di me sento tanto spirito di rivalsa. So quanto valgo e non vedo l’ora di segnare, che è il mio mestiere. Non l’ho dimenticato da un giorno all’altro e non è mai cambiato nulla.

Quando un singolo non fa bene la colpa non è solo sua ma, in uno sport di squadra, va condivisa. È vero che mi è arrivata qualche palla in meno ma è altrettanto vero che forse dovrei io andare a prenderne di più. Ultimamente non sentivo la gamba spumeggiante, col preparatore sto lavorando per tornare a esserlo.

I due gol dell’Euganeo non erano serviti a nulla visto che avevamo perso. Sono bello carico e non vedo l’ora di spezzare il digiuno. Io gioco per far gol ma soprattutto per vincere e l’importante è che il Varese domani si prenda i tre punti.

Il più in alto possibile ma per farlo devo sbloccarmi. Se segno col Padova arriveranno in scia anche altri gol e sarà più facile realizzare il mio obiettivo.

Riprendere Mancosu, che guida la classifica marcatori a quota 19, e superarlo.

Con il nostro allenatore c’è un gran rapporto. Parliamo spesso e, se mi vede in una giornata in cui, dopo aver giocato bene, ho il classico giramento di scatole perché non ho segnato, mi esorta a non mollare mai. Mi ha detto che, rispetto a due anni fa, quando eravamo insieme al Lanciano, sono cresciuto tantissimo. Pure lui è stato un attaccante e sa che i periodi di magra capitano anche ai migliori. Cavani, l’anno scorso, era restato a lungo senza gol.

Vedo sempre il bicchiere mezzo pieno.

Al massimo entro fine aprile.

Un mese e ce la faccio.

La metafora che c’è nel libro di Hemingway è quella che mi sento più dentro. Non dobbiamo pensare a quello che ci manca e a quello che potremmo avere ma dobbiamo concentrarci su quello che abbiamo per puntare a ottenere il massimo. Adesso sto leggendo uno di quei libri di psicologia dello sport che ti aprono la mente. Per me allenare la testa è importante come preparami bene in campo e, quando arrivo al sabato sentendomi bene mentalmente, faccio quasi sempre gol. Il titolo del libro che mi sta impegnando ora è “Gioco di testa, allenare la mente per vincere nel calcio” e lo ha scritto Roberto Civitarese.

Ci si allena al mattino e poi si pranza. Dopo c’è spazio per un riposino che non fa mai male e se sento le gambe pesanti vado a farmi un messaggio dal fisioterapista. A cena si va al ristorante con qualche compagno oppure si organizza a casa di qualcuno di noi. Per il resto la vita scorre via tranquilla fra le mille cose della quotidianità come può essere ad esempio l’andare in posta a pagare una multa.

Ieri ero in giro in bici e un signore mi ha gridato: “Ciao bomber”. Sono cose che mi fanno molto piacere.

Ho scoperto il Dolce Varese e l’ho portato a Livorno dai miei. Come tutti i calciatori punto a una dieta sana con pasta in bianco o al pomodoro, bresaola, prosciutto, verdure e frutta. Capita di bere una birra e di mangiare un hamburger ma tutti gli stravizi si rimandano alla fine del campionato.

È triste perché lo vedo poco ma lui almeno può mangiare, ingrassare e dormire quanto gli pare.

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