Silenzio all’interrogatorio: Marco Manfrinati tace in questura dopo l’omicidio, condotto in carcere

Già da tempo era in corso un procedimento contro di lui per "atti persecutori". È grande la frustrazione e il senso di impotenza: si poteva fare di più

Marco Manfrinati, ex avvocato quarantenne, è stato condotto in carcere ai Miogni dopo l’omicidio del suocero e l’atto di violenza nei confronti della moglie.

La tragica vicenda avvenuta ieri, lunedì 6 maggio, ha visto Manfrinati uccidere a coltellate il suocero, Fabio Limido, un geologo di 71 anni, e sfregiare gravemente in viso la moglie, Lavinia Limido, di 37 anni, la quale è stata ricoverata in prognosi riservata all’ospedale di Varese. La polizia ha trovato Manfrinati chino sul corpo del suocero, impugnando un coltello insanguinato.

Nonostante l’evidenza, l’uomo, assistito dall’avvocato Fabrizio Busignani, è rimasto in silenzio per tutta la durata dell’interrogatorio con il pubblico ministero, avvalendosi della facoltà di non rispondere.

I procedimenti legali a carico di Manfrinati erano in corso da almeno due anni, eppure la tragedia è avvenuta nonostante i campanelli d’allarme. Infatti, la situazione familiare era già pesantemente compromessa, tanto che Lavinia aveva già precedentemente denunciato il marito, portando all’emissione di un divieto di avvicinamento nei suoi confronti. Questo divieto, tuttavia, non ha impedito la tragedia, sollevando interrogativi sulla efficacia delle misure cautelari.

Le accuse nei confronti di Manfrinati sono gravi: omicidio volontario aggravato e tentato omicidio. Il prossimo passaggio sarà la convalida dell’arresto in flagranza di reato, seguita da un’ulteriore fase di interrogatorio da parte del giudice per le indagini preliminari. La comunità locale si interroga su come sia stato possibile un tale atto violento, nonostante l’esistenza di misure restrittive e il monitoraggio dei precedenti legali dell’aggressore.