Tre donne con Maryam e il dolore della perdita

L’attrice Ermanna Montanari questa sera al Sacro Monte dà voce alle figure femminili e al dramma

Il dolente canto di “Maryam” risuona al piedi del santuario di Santa Maria del Monte.

Sulla terrazza del Mosè, questa sera alle 21, , sarà protagonista della “Lettura per il Sacro Monte”, basata su un testo di Luca Doninelli.

Al centro dell’appuntamento con “Tra Sacro e Sacro Monte” c’è la Madre di Gesù, la “donna dell’incontro” che riconoscono cristianesimo, islam e cultura contemporanea.

In scena Ermanna Montanari dà voce a «tre donne che condividono con Maria il dolore della perdita»

Sono protagoniste «tre figure femminili – come spiega la Montanari, una delle attrici più intense del teatro contemporaneo che arriva per la prima volta a Varese e al Sacro Monte – Sono tre donne palestinesi che vanno alla basilica dell’Annunciazione di Nazareth per pregare Maria. Piangono le morti di figli e fratelli, dovute all’ingiustizia e alla crudeltà dell’uomo e del mondo».

La chiamano Maryam, ma è la vergine Maria, «presente nella tradizione cattolica e in quella coranica. Si rivolgono a lei per chiedere o per gridare la propria rabbia. La loro preghiera ha valenze diverse. È a volte richiesta di consolazione e benevolenza e altre è desiderio di vendetta o semplicemente invocazione per una risposta al “perché” della guerra e della violenza. Si relazionano a Maryam e questa figura ad un certo punto appare loro».

Rivolgendosi alle donne si esprime alla pari, da donna a donna e da madre a madre, di fronte al dolore innaturale per la morte del frutto del loro grembo.

«Dice: “Cosa posso fare per voi, io che non ho potuto fare nulla per mio figlio?”. Non ha né vendette né riscatti da dare. E prosegue: “Se anche avessi potuto toglierlo dalla croce, oggi cosa direste di me? Che sono stata fortunata e, invece, siete qui a pregare per amore”».

Tre figure e non personaggi, «perché aprono ad altre figure. Io non so nulla di quelle vite, sono un’attrice dietro un drappo e non posso portare nessun volto. Sono velata e su quel panno scuro vengono proiettate immagini significative e il testo tradotto in arabo. È come un libro che si sfoglia con immagini e testo e le voci moltiplicate di queste donne che implorano e pregano».

La messa in scena dalla grande potenza iconica e sonora è stato creata con l’autore e regista Marco Martinelli, marito della Montanari, e prodotto dal Teatro delle Albe/Ravenna Teatro, in collaborazione con Teatro de Gli Incamminati/deSidera.

Lo scrittore e giornalista Luca Doninelli nel testo che ha ispirato l’opera, racconta una suggestione vissuta in prima persona. «È rimasto folgorato ed emozionato da queste donne che ha realmente incontrato, da visitatore incredulo, nella chiesa di Nazareth e ne ha tratto uno scritto teatrale».

Uno spettacolo che riesce a interrogare sull’oggi e a smovere le coscienze attingendo dalla fatica dell’umanità di darsi una ragione del proprio esistere.

«Il teatro deve fare questo. Se non scombina, ci lascia tiepidi. Serve, invece, che ci imbarazzi e non ci tenga a posto. Non deve lasciarci sempre tranquilli trincerati dietro le nostre risposte giuste che non sono mai vere. Deve creare dei linguaggi, per quanto possibile, ed essere “fuori sesto”».

Apre gli sguardi e spalanca gli orizzonti.

«Siamo in questo piccolo giardinetto del mondo, comodamente seduti sul divano mentre ci permettiamo di dare giudizi, arricciando le nostre labbra sazie, di fronte alla televisione che ci rimanda l’attualità. C’è però un mistero profondo di fronte al quale si può solo pregare o fare dei “guasti”».