«Siamo il futuro ma ci massacrano»

Ugo Tosoni, 61 anni, copywriter, dal ’96 ha lasciato il lavoro dipendente. E ora difende “quelli di serie B”. «L’occupazione sarà sempre più a partita Iva, ma il Governo ha sbagliato tutto. Renzi provi per credere»

– Partite Iva in rivolta: tartassate, ma non mollano. Chiedono a Renzi di fare “rewind” e preparano la “fuga” dalla gestione separata dell’Inps: «Forse così si accorgeranno di noi. Trattati come una categoria di serie B, pur essendo contribuenti di serie A».
Ad affermarlo è Ugo Testoni, copywriter freelance di Varese, membro del consiglio direttivo di Acta, l’associazione dei consulenti del terziario avanzato che raduna il “popolo delle partite Iva” massacrato dagli ultimi provvedimenti del governo Renzi. Ha 61 anni e di sé dice: «Sono uscito dal lavoro dipendente dal ’96, felice di averlo fatto, a parte la tassazione».
Insieme agli oltre tremila soci di Acta, in grande crescita negli ultimi mesi di visibilità ottenuta loro malgrado, Testoni sta combattendo per tutelare una categoria, i “freelance”, dieci giorni fa in copertina su The Economist.

«Dimostrazione che questo è il futuro del mondo del lavoro – ammette il consigliere di Acta – il nostro approccio non è quello di lottare per il nostro orticello, ma mettiamo al centro della nostra azione il concetto di cittadinanza. Noi siamo l’avanguardia, forse i pionieri, ma in futuro saranno sempre di più quelli che prenderanno questa strada».
Fino ad oggi nessuno li ha veramente considerati. Non il sindacato, che non li difende. «Ma

ormai – fa notare Testoni – la maggior parte degli iscritti alle organizzazioni sindacali sono pensionati, non lavoratori veri».
Men che meno il Governo, che in questi mesi ha messo a segno un uno-due da kappaò per la categoria, aumentando la contribuzione per la gestione separata Inps (quest’anno di due punti, dal 27,72% al 29,72% ma da qui al 2018 salirà al 33%) e aumentando dal 5 al 15% la tassazione forfettaria sul regime agevolato dei “minimi” (i freelance che fatturano fino a 15mila euro all’anno, mentre l’anno scorso la soglia arrivava a 30mila euro).
«Dicono che è per contrastare le false partite Iva – fa sapere Testoni -Peccato che con queste misure si peggiora soltanto la situazione di chi ha la partita Iva, invece che disincentivare il committente».
Alla politica i “freelance” imputano lontananza. «Qualcuno addirittura, tra cui Stefano Fassina del Pd, per compensare l’innalzamento dei contributi al 33% ha proposto di aumentare la rivalsa Inps fino al 9%. Credendo che i nostri committenti sarebbero disposti a pagarla – sottolinea Ugo Testoni – non si rendono nemmeno conto di cosa vuol dire lavorare come freelance con partita Iva. Lavoriamo per società private e per enti pubblici e non possiamo evadere le tasse. Siamo prede fin troppo facili».

Ai politici quelli di Acta rivolgono l’invito a mettersi nei loro panni: «Non c’è come provare. Tutti dovrebbero lavorare come noi per tre mesi, per rendersi conto di cosa vuol dire». Niente malattia, niente ferie, si viene pagati solo per quel che si produce. Ora per contrastare il governo Acta ha lanciato una doppia offensiva.
Da un lato la campagna social “RenziRewind”, «cogliendo al balzo una dichiarazione del premier che si è detto disponibile a rivedere le norme sulle partite Iva, visto che nel Mille proroghe potrebbe già entrare una correzione».
Dall’altro un convegno il 21 gennaio sulla «fuga dalla gestione separata, per verificare le alternative per evitare il salasso sui contributi previdenziali. È un modo per fare pressione ma anche per evitare di morire di tasse».