Anche i migranti hanno aiutato a spalare. E Aimetti dedica loro versi in dialetto

A Varese come a Comerio, anche i richiedenti asilo hanno aiutato come volontari i tecnici nel lavoro di pulizia dei marciapiedi

Il Comune di Varese istituisce una task force per pulire i marciapiedi della città. A supportare le aziende incaricate del servizio, ieri mattina sono scesi in campo anche gli operai della squadra antidegrado di recente costituita dal Comune e un gruppo di volontari richiedenti asilo che in queste ore si stanno occupando di pulire e salare i marciapiedi del centro città.

Il lavoro volontario dei richiedenti asilo per la pulizia dei marciapiedi si inserisce nel più ampio progetto di servizio a favore della comunità ospitante. «Si tratta di alcuni dei ragazzi con cui abbiamo già avviato alcune settimane fa il progetto di volontariato teso a tener in ordine i cimiteri e i parchi cittadini – spiega l’assessore ai servizi sociali Roberto Molinari – Non ho un feedback specifico, ma ritengo che alcuni di loro, ieri, abbiano visto per la prima volta la neve».

Continuano in queste notti anche le attività di ricognizione delle stazioni e dei rifugi di fortuna, con lo scopo di convincere i clochard ad andare a dormire nel “dormitorio” della Croce Rossa allestito in via Dunant. Nella sera tra giovedì e venerdì, dieci senzatetto sono stati portati al caldo. Da riempire, ad oggi, restano solo due letti. «Vogliamo fare in modo che tutti i posti siano occupati – dice Molinari – Non è semplice convincere certe persone a seguirci verso il dormitorio. È un lavoro impegnativo ma necessario, perché l’emergenza freddo non può essere combattuta solo con la burocrazia».

Il sindaco Silvio Aimetti, invece, fautore di un innovativo progetto di accoglienza, sulla sua pagina Facebook, ha voluto ringraziare gli otto profughi, provenienti da Bangladesh e Ghana, per il loro lavoro di spalatura, in un modo tutto suo. Come? Con una poesia in dialetto bosino, dedicata proprio a questi otto richiedenti asilo politico ospiti in paese che, sin da ieri mattina presto, sono stati impegnati a spalare la neve dalle strade e dai marciapiedi di Comerio.



La nef e i omen che vegnen de luntan.
La nocc pasada l’a’ fai na bela fiocada
Sem leva su che l’era tut bianc immacula’
Sui stra’ luster par ul giaz se pudeva sbrisigà
Bisugnava pensa’ a na quai truvada
A Cumeri l’è un ann e mezz duman
Ch’in rivà 8 giuvin che vegnen de luntan
Parlen mia la lengua di cristian
Ma in bei fort e poden da’ na man
Cunt l’uffizi

tecnic dul Cumun
Em truva’ na bela sulusiun
Gh’emm dai in man na pala e un para de guant
E gh’ emm fai vide’ indua gh’eren i magagn
An cumincià a fa’ via nef foe du la gesa
Insci i donn poden n’a a mesa
An netà la strada par ul cimiteri
Insci se po’ n’a’ a truva’ i noster cari
An propri fai un bel laura’ anca se a l’inizi a saveven minga cuma se fa’
L’è minga impurtant se vegnen dul Ghana o dul Bangladess
L’impurtant l’è che g’an voia de das de fa’
Parchè i gent in dul mund in tucc istessLa notte scorsa c’è stata una bella nevicata, ci siamo alzati ed era tutto bianco immacolato. Sulle strade lucide per il ghiaccio si poteva scivolare e bisognava pensare a qualcosa. A Comerio un anno e mezzo fa sono arrivati otto giovani che vengono da lontano, non parlano la nostra lingua di cristiani ma sono forti e possono dare una mano. Con l’ufficio tecnico del comune abbiamo trovato una bella soluzione: gli abbiamo dato in mano una pala e un paio di guanti e gli abbiamo mostrato dov’erano i problemi. Hanno cominciato a spalare la neve fuori dalla chiesa così le donne sono potute andare a messa, hanno pulito la strada per il cimitero per poter andare a trovare i nostri cari. Hanno fatto proprio un bel lavoro anche se all’inizio non sapevano come fare. Non importa se vengono dal Ghana o dal Bangladesh: l’importante è che abbiano voglia di darsi da fare. Perché le persone al mondo sono tutte uguali.

È stato lo stesso primo cittadino in persona ad accompagnarli nei vari punti del paese dove spalare la neve e in particolare davanti alle scuole, alla chiesa e al cimitero. Il sindaco oltre alla conoscenza del dialetto ha mostrato così anche la sue vena poetica. «Il dialetto me l’hanno insegnato i miei nonni e quindi lo parlo abitualmente – racconta Aimetti – e così questa mattina (ieri per chi legge) mi è venuta l’idea di buttare giù qualche verso in bosino da dedicare ai migranti impegnati nel lavoro di spalatura della neve che hanno visto oggi per la seconda volta nella loro vita». La prima risale alla nevicata dello scorso anno; il dialetto ha contribuito a ricreare quell’atmosfera di tradizione che la neve evoca sempre. I profughi “comeriesi”, che stanno imparando l’italiano, avranno capito poco della poesia del sindaco intitolata “La neve e gli uomini che vengono da lontano” , ma sicuramente avranno apprezzato gli ultimi versi dove Aimetti li ringrazia per il bel lavoro svolto, «parchè i gent in dul mund in tucc istess»