«Nessuno amò il Varese come Maroso»

La storia infinita - Lele Bellorini: «Prima partita nel ’62. Tre nomi di giocatori? Picchi, Anastasi, Buba»

«Mio padre mi raccontava sempre che quando ero piccolo, il sabato notte prima della partita mi agitavo nel sonno». Questo è il Varese di Lele Bellorini, tifoso simbolo nato e cresciuto sui gradoni del Franco Ossola.


L’ultima è facile, quella al Chinetti contro il Saronno. Per la prima dobbiamo andare indietro un po’: quando andavo allo stadio sulle spalle di mio padre, a sventolare la bandiere. Era l’anno in cui abbiamo vinto la prima volta la C, il ’62.


Beh, è facile: la più importante in assoluto è quella del 5-0 alla Juve. Io ero un bambino sugli spalti del Franco Ossola: ricordo che la gente impazziva per il Varese. In quegli anni, anche chi tifava altre squadre, veniva allo stadio per vivere un vero spettacolo. In tempi recenti, quelli di Sannino, posso dire il 3-0 ad Alessandria. E poi la vittoria, anzi l’apoteosi contro la Cremonese in casa, esserci quel giorno è stata una gioia immensa: erano 25 anni che aspettavamo la Serie B.


Degli ultimi anni sicuramente l’Alessandria. Ci hanno fatto del male. Mentre storicamente il Como: la rivalità sportiva che c’è con loro non l’abbiamo con nessun altro.

I tifosi biancorossi sono tutto quello che non sono gli altri. Perché per loro più crescono i risultati, più cresce l’amore per la squadra; per noi, invece è l’esatto opposto. Siamo abituati a soffrire e vivere cose terribili, ma è proprio allora che sappiamo dare il meglio. Lo abbiamo dimostrato anche quest’anno…

Maroso è stato il più grande personaggio del nostro Varese. In assoluto: ciò che ha dato lui a questa maglia, non lo ha dato nessun altro. È stato giocatore, allenatore, presidente. Vi racconto una cosa che per me racchiude il suo spirito


Ho avuto l’onore e la fortuna di ritrovarmi seduto di fianco a lui a Parabiago. L’ho visto soffrire ed esultare a tutti i gol. È stato un vero presidente tifoso, ed è giusto che la Nord sia intitolata a lui: perché quella è la sua casa.


Sicuramente Anastasi: l’unica parola che trovo per descriverlo è immenso. Poi Armando Picchi e Buba Buzzegoli, che ha rappresentato la luce del Varese dopo anni di fango e di buio.

Ovviamente Maroso. Poi non posso non citare Beppe Sannino e Fascetti: grazie a lui abbiamo vissuto a Varese il calcio totale del grande Ajax.

Sicuramente la Serie A, andavano tutti a vedere i biancorossi: partivano dal bar ogni domenica per seguirlo. Poi ci metto anche l’epopea del patron Borghi.

Allo stadio riesco ad essere felice (L’editoriale di Massimiliano Gibellini)
Dedicato a voi «Grazie ai nostri tifosi siamo invidiati da tutti» (Gli uomini della rinascita – Le dediche e i sogni di giocatori, allenatore e principali dirigenti)
«Ogni notte e ogni giorno come se nella nostra vita esistesse solo il Varese» (Il cuore della società – Ciavarrella, Galparoli, Rosa e Scapini)

rel="noopener"> Frontini alza la lavagnetta. E’ il segnale: il Varese è tornato (10 passi nel futuro – Il diario di Francesco Zecchini, il tifoso di 18 anni)
«Base rossa con inserti bianchi. Ma occhio ai dettagli portasfiga» (Oggetto sacro – Marco Tomasetto ci racconta le divise impresse nel cuore)
Neto Pereira «La mia anima sarà del Varese per sempre» (Simbolo vivente – Il più amato)
«Stipati in quella macchina si parlava solo del Varese» (Una squadra di famiglia – Tiziano Masini e una passione sconfinata, ereditata dal nonno e dal papà)
C’era una volta un eroe a caccia di un lieto fine (Come una favola – Il nostro maestro Luca Ielmini racconta ai (suoi) bambini la storia biancorossa)
– (La storia infinita – Lele Bellorini «Prima partita nel ’62. Tre nomi di giocatori? Picchi, Anastasi, Buba»)