Tornano “I Legnanesi”. E ci portano in crociera

Cinque date all’Openjobmetis di Varese, da domani a domenica. E sabato anche il pomeridiano alle 16

I Legnanesi portano “I Colombo viaggiatori” a Varese. Con la novità dell’appuntamento pomeridiano di sabato 26 alle 16, sono ben cinque gli spettacoli, che da domani a domenica andranno in scena al teatro Openjobmetis con la trascinate comicità della compagnia dialettale più celebre d’Italia.

Sono numeri da capogiro quelli de I Legnanesi, che nella stagione 2015/2016 hanno toccato 31 teatri, con più di 100 repliche e oltre 105.000 spettatori.

Dal 24 al 27 novembre, Teresa, Giovanni e Mabilia racconteranno, insieme a tutta la compagnia, le avventure nate nel cortile lombardo che da 70 anni divertono gli spettatori.«Nello spettacolo scritto da Antonio Provasio, che interpreta “La” Teresa – spiega Enrico Dalceri che da 16 anni veste gli sfavillanti e mai banali abiti di Mabilia – non mancano mai le trovate innovative».

E questa volta a movimentare la vita delle case di ringhiera è una raccomandata. «L’ha scritta Gegè, il bimbo brasiliano che i Colombo hanno adottato a distanza anni prima. Ed è proprio La Teresa, che tirando le somme sull’adozione, dice: “Se potete farla fatela”. Diamo sempre una morale anche se facciamo ridere».

Tra una risata e l’altra gli show dei Legnanesi, infatti si concludono con una piccola morale, un finale che ha il sapore del lieto fine. «Cresciuto, Gegè, è diventato un armatore e invita la sua “famiglia” su una nave da crociera. I Colombo accettano volentieri, tra l’ingaggio da soubrette per la Mabilia e gli strafalcioni di una famiglia da cortile trapiantata in mare. Anche qui facciamo una piccola riflessione sulla bellezza dei viaggi perché aiutano ad aprire la mente e a vedere nuovi orizzonti, senza dimenticare le bellezze dell’Italia».

A chiudere il primo tempo è sempre un numero musicale, nello spirito della classica rivista all’italiana: «Da un carro come quelli di Rio de Janeiro, Mabilia farà un omaggio a Renzo Arbore cantando “Cacao Meravigliao”».

Nel secondo tempo «si esibisce nel teatro della nave con una canzone degli anni ’60: “Gli occhi miei”. Un pezzo che il pubblico dimostra di conoscere e apprezzare tanto che lo canta. Mabilia nel secondo balletto indossa un abito vintage restaurato». Era il vestito della prima Mabilia, «Tony Barlocco lo usava 50 anni fa. Sono onorato di poterlo indossare. Ero molto legato a lui».

Enrico, infatti, è entrato in compagnia 32 anni fa ai tempi dei fondatori Musazzi e Barlocco. Anche questa volta Mabilia non troverà l’uomo giusto. «È troppo attaccata alla famiglia. Forse scapperebbe con uno che la fa impazzire. Quest’anno è più concentrata sulla carriera».

Del rapporto con “mamma e papà”, Antonio Provasio e Luigi Campisi, dice che «è bellissimo sia sul palco che fuori. Siamo una compagnia fortunata perché non ci sono astio e nervosismo che si tratti d’essere insieme in camerino o, “in borghese”, a una bicchierata. Ci basta uno sguardo per capire se ci sono problemi, proprio come in famiglia. Certi scherzando dicono che è perchè siamo solo uomini». In realtà la vera fortuna «è aver trovato persone che ci stanno vicino con tanta pazienza e un gran cuore che ringrazieremo a vita».

In questo gioco di ruoli tra realtà e finzione tra Enrico e Mabilia: c’è qualcosa che il personaggio invidia all’attore e viceversa. «Enrico invidia a Mabilia la voglia di allegria e la serenità, che mostra nonostante la mancanza di un’anima gemella e i problemi economici. Oggi, con due lavori (attore e dirigente d’ufficio stile di una nota casa di moda) e la vita frenetica, Enrico non riesce quasi più ad averle».

Mabilia può invidiare «la soddisfazione dell’arrivare a una professione dignitosa insieme a quella per il grande affetto che ci dimostrano gli abbracci del pubblico. Auguro a tutti di riuscire a realizzarsi in questo modo».

La ricetta del successo de I Legnanesi per Dalceri ha pochi, ma fondamentali ingredienti: «Le risate senza volgarità, battute semplici ma efficaci che capiscono tutti dai bimbi agli anziani, l’ironia sulla vita familiare che crea una grande immedesimazione insieme a personaggi caricaturali e simpatici. Una signora del pubblico mi ha detto: “Fate ridere e ci passate tanta umanità”. Mi ha commosso perché siamo riusciti nell’intento di abbattere il muro che divideva l’attore dagli spettatori».