Gamberi americaniOra è un’invasione

VARESE Il gambero americano in un anno quadruplica, sbaraglia la concorrenza e conquista definitivamente il lago di Varese. Con l’eccellente capacità riproduttiva e la solida struttura che non ha rivali tra i suoi simili, il crostaceo extracomunitario ha fatto sloggiare il cugino europeo che si è dovuto rintanare nell’alto corso dei fiumi, nel tratto del Tinella sul Campo dei Fiori e nella zona della Valcuvia. Negli ultimi mesi la Lipu ha assistito al dilagare del gambero alloctono anche nella palude Brabbia e parla già

di «situazione irrecuperabile»: l’unica soluzione sarebbe una corsa alla pesca di massa.
Cosa che tutto sommato potrebbe stuzzicare il palato. Brutto da vedere e buono da mangiare, il gambero detto «della Louisiana» non è finito per caso nei laghi europei e poi in quelli italiani: qualcuno ce li ha infilati perché sono facili da allevare e molto più appetitosi e grossi dei nostri, quasi il doppio. Basta una semplice ricerca alla voce «Louisiana crawfish» per capire che si tratta di una specie destinata a finire in padella, storicamente apprezzata e divorata molto volentieri negli Stati Uniti. «I nostri anziani che vanno a pesca li mangiano – conferma Alessio Martinoli, referente del centro visite alla palude Brabbia – sono sicuramente buoni ma sinceramente consiglierei di stare ben attenti alle zone del lago in cui si pescano prima di farsi un fritto misto, in alcuni punti sono stati rilevati metalli pesanti e sarebbe meglio informarsi per non rischiare». Sulla situazione però non c’è troppo da scherzare, non è rosea come sembra. Anzi, per l’ecosistema lacuale tende piuttosto al nero, giusto per coordinarsi con il colore del gambero invasore, lungo fino a 20 centimetri e con chele robuste di circa 5, sfumature rossastre e una resistenza da fare invidia a un mezzo corazzato. Si fa un baffo di inquinamento e pesticidi, è abilissimo nel costruirsi case ampie e sicure in cui può ospitare anche una cinquantina di ospiti, e non fa troppo il sofisticato per le scelte alimentari: gradisce praticamente qualunque sostanza organica disponibile, anche se ha una predilezione per girini avanotti, larve e germogli di piante.
Il rischio, a questo punto, è che la sua diffusione metta a repentaglio le altre specie. «L’anno scorso durante le uscite notturne ne vedevo un paio se puntavo la torcia nel torrente – spiega Alessio – quest’estate almeno 7-8. Si sono diffusi troppo e troppo in fretta, ma l’unico modo di fermarli sarebbe quello di fare una razzia in tutte le serate di pioggia quando escono allo scoperto». Gli acquazzoni serali per la diffusione sono un toccasana: gli permettono di mantenere l’umidità e spostarsi nei diversi corsi d’acqua. «Per il momento non abbiamo previsto nessuna forma di contrasto – dichiara l’assessore provinciale Bruno Specchiarelli – ci stiamo concentrando su altre specie molto più invasive e pericolose per quelle autoctone come il carassio e il pesce gatto. Vedremo se la diffusione continua, in tal caso faremo le verifiche opportune ed eventualmente cercheremo di incentivarne la pesca. Almeno per questo siamo fortunati, da mangiare sono ottimi».
Francesca Manfredi

e.marletta

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