Giornata della Montagna. «I nostri monti»

Pietro Macchi è il presidente dell Cai Varese: «La montagna è un patrimonio di tutti». Mario Lualdi: «Oggi è difficile avvicinare i giovani all’associazione. Loro preferiscono andare per conto proprio»

Oggi è la Giornata Internazionale della Montagna, ricorrenza istituita nel 2003 dall’Onu, e coordinata dalla Fao, con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla preservazione e sullo sviluppo sostenibile delle montagne e su temi di gestione del territorio. Come si traducono questi principi nella pratica? Lo abbiamo chiesto a Pietro Macchi, presidente del Cai di Varese al secondo mandato. «L’obiettivo di questa giornata è quella di sensibilizzare sui veri problemi della montagna, molti dei quali sono visibili anche dalle nostre parti.

Come lo spopolamento delle valli. O come i cambiamenti climatici che si riflettono sull’evoluzione dei ghiacciai; a questo proposito nell’annuario del Cai Varese del 2016, che sarà pubblicato a breve, ci sarà un articolo scritto da due ricercatori sull’evoluzione del ghiacciaio Belvedere del Monte Rosa, che è un vero laboratorio a cielo aperto. Sull’evoluzione climatica in corso riscontrabile nel progressivo ritiro dei ghiacciai però, a mio parere, i singoli cittadini e i pubblici decisori non possono fare nulla, se non con iniziative su scala globale. Quello che è invece è realizzabile è una legislazione ad hoc per la montagna in termini di sviluppo economico, perché solo con la presenza dell’uomo e con fonti di reddito possono essere raggiunti anche gli obiettivi di preservazione dell’ambiente».

La Giornata Internazionale della Montagna affronta temi di tale importanza da non potersi esaurire in un solo giorno. Il Cai di Varese, in tutto il 2016, nell’ambito del 110esimo anniversario di Fondazione, ha avviato e portato a compimento una serie di iniziative di sensibilizzazione. A gennaio, per esempio, abbiamo invitato Ang Tshering Sherpa, il presidente dell’associazione “Nepal Mountaineering Association” (il Club Alpino Nepalese), per palare del terremoto e dell’esigenza del Nepal di tornare a sviluppare il turismo per avere una fonte di reddito. Abbiamo organizzato in autunno, nel Salone Estense, una serata di canto popolare, che è una delle espressioni della cultura della gente di montagna. Abbiamo promosso una rassegna cinematografica di quattro serate in sala Montanari che ha richiamato una buona presenza di pubblico, avente come filo conduttore quattro differenti approcci dell’uomo alla montagna.

I film proposti sono stati “Le Rupi del vino” di Ermanno Olmi, sul rapporto tra le genti di montagna ed i loro territori rurali (in questo caso la viticultura). “Il fascino del sublime” di Piero Badaloni, sul rapporto dell’arte e degli artisti con la montagna. “Exposed to dreams” di Alessandro Filippini e Marianna Zanatta, sugli eccessi che talvolta sono presenti anche nello sport di montagna. “Con i muscoli, con il cuore e con la testa” di Michele Imperio e Fabio Pagani, sulla figura di Walter Bonatti e sul rapporto molto intimo che si instaura con gli ambienti naturali. Sono intervenuti come relatori Marco Giorgetti, Graziano Murada, Carlo Meazza, Paolo Borghi, Alessandro Gogna di Mountain Wilderness, Ezio Vaccari e Fabio Minazzi.

Il Cai di Varese da anni ha una base associativa stabile, salvo l’ultimo anno, il 2016, in cui abbiamo avuto un leggero incremento. Vorrei dire anche che a mio parere è la città di Varese, e di conseguenza i suoi abitanti, a dover diventare più consapevoli del suo ruolo di “cerniera” tra la montagna e il Lago. È in questo che risiede la possibilità di uno sviluppo futuro della frequentazione degli ambienti naturali e di un ritorno a una bellezza che sembrerebbe in questo periodo un po’ compromessa, seppure nascosta, appartata e non dimenticata.

Penso che l’amministrazione comunale abbia intenzione di lavorare sui temi dell’accoglienza, sul rapporto con i Parchi e sulla conoscenza della Montagna. Sicuramente la città di Varese trova nel suo ambiente circostante, e nella bellezza dei parchi e dei giardini, le sue principali carte di richiamo. Non possiamo connotarci come città di arte e cultura, perché altre località più rinomate hanno queste caratteristiche. Il nostro richiamo è l’ambiente naturale, lo sport all’aperto e una diffusione della cultura legata a questi temi.

Per la maggior di noi parte basta uscire di casa, calzare un paio di scarponi, e andare al Campo dei Fiori, in Martica, sul monte Chiusarella, in Valganna e in Valceresio. Uscendo un po’, in Val d’Ossola o nella Valle del Ticino».

L’amore per la montagna mi è stato tramandato da mio padre che era un alpinista. Spesso è una passione di famiglia, ma non c’è una regola. Moltissime persone si avvicinano alla montagna in età giovanissima, sviluppando attività sportiva. Altre da adulti, guidati dalla sensibilità per gli ambienti naturali e dalla voglia di praticare sport in un ambiente naturale e selvaggio. Conta molto la rete delle amicizie, perché spesso è proprio in compagnia che si impara ad apprezzare la montagna.

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