Per fortuna che siamo nati qui, non credi Oliviero?

Il commento di Francesco Caielli

Per fortuna che siamo nati qui. Per fortuna che a guardarci dall’alto e dettare i tempi delle nostre giornate, da sempre, ci sono le montagne. Per fortuna che tra le poche certezze della nostra quotidianità che n’è una che è tra le più care: il Monte Rosa, sempre là, quando apriamo la finestra al mattino.

La montagna fa parte della nostra vita, ci piaccia o no: immersi in una terra meravigliosa dove è difficile trovare una strada che non sia in salita, circondati dai colori e dai profumi ai piedi delle Alpi. Gente di montagna, o quasi: dalle generazioni passate abbiamo ereditato l’abitudine alla durezza, al lavoro e al sacrificio, alla fatica. E il bisogno di bellezza, di paesaggi, di spazi.

Per fortuna che siamo nati qui. Con il paradiso a dieci minuti di macchina da Varese, i sentieri del Parco del Campo dei Fiori, la Martica, i boschi. Con i giganti alpini a fare da sfondo, là dietro, che in certe giornate d’inverno (come questa, del resto) pare di poterli toccare.

È facile, quasi naturale, farsi attrarre dalle cime e dalla loro bellezza. Allacciarsi gli scarponi e camminare, alzare gli occhi e voler arrivare fino a là “per vedere che cosa c’è dietro”. Curiosi e sognatori, che cosa c’è di più bello? In questa giornata particolare, in questa giornata dedicata alle montagne, a noi viene in mente una persone e non ce ne vogliano tutti gli altri.

Oliviero Bellinzani, quel testone: l’incidente in moto gli aveva strappato via una gamba ma non la voglia di camminare, non la curiosità, non l’amore per le montagne e le cime. Sbuffando sulle sue stampelle, saliva e andava in alto trovando però ogni volta il tempo di guardarsi indietro per ammirare la bellezza della strada fatta fin lì. L’estate dell’anno scorso la sua curiosità, le sue montagne, la sua “voglia di vedere cosa c’è dietro” gli hanno giocato lo scherzo più brutto e se lo sono portato via per sempre. Non fosse andata così, su queste pagine ci sarebbe una sua intervista: e per questo è giusto che il suo nome ci sia comunque.

Per fortuna che siamo nati qui: l’Oliviero me lo ripeteva spesso, durante una passeggiata o davanti a un bicchiere di vino sognando la prossima avventura. Ci manca, e manca alla sua famiglia: che diamine. Ma saperlo ancora tra le sue montagne, le nostre montagne, è qualcosa che ci fa un po’ felici.

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